Lega delle autonomie locali – IX incontro annuale – Modena 5/6/7 ottobre 1999


LE NUOVE POLITICHE DI BILANCIO NEL RISPETTO DEL PATTO DI STABILITA’

  Mauro Bellesia

1. Il quadro normativo

 

            I recenti sviluppi della normativa finanziaria e contabile degli enti locali mettono in evidenza due linee di tendenza particolarmente rilevanti:

1)     una sempre maggiore attenzione alla programmazione ed al controllo, nella separazione tra poteri politici e competenze gestionali;

2)     la presenza di nuovi elementi esterni in grado di influenzare le politiche di bilancio, con particolare riferimento agli impegni ed agli obiettivi di finanza pubblica che il nostro Paese ha adottato in sede comunitaria.

            Relativamente al primo punto si ricordano, a titolo di esempio (per nulla esaustivo), le seguenti recenti disposizioni normative:

-         l’art. 34, comma 2 bis, della L. 142/90, come modificata dalla L. 265/99, che dispone l’approvazione da parte del consiglio dell’ente, entro il termine fissato dallo statuto, delle “linee programmatiche relative alle azioni ed ai progetti da realizzare nel corso del mandato”. L’articolo succitato prevede, altresì, che lo statuto disciplini i modi della partecipazione del consiglio alla definizione, all’adeguamento e alla verifica periodica dell’attuazione delle linee programmatiche;

-         il D.P.R. 3 agosto 1998, n. 326, che approva i nuovi modelli di relazione previsionale e programmatica da adottarsi per il prossimo bilancio dell’anno 2000;

-         il D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 286  che riforma i controlli interni nelle pubbliche amministrazioni prevedendo quattro diverse fattispecie: il controllo di regolarità amministrativa e contabile, il controllo di gestione, la valutazione della dirigenza e la valutazione ed il controllo strategico. Pur nella mancanza di vincoli diretti nei confronti degli enti locali, che peraltro avevano già da tempo una normativa organica in merito [1], il decreto legislativo si presenta decisamente innovativo specie per quanto riguarda l’applicazione del controllo strategico;

-         l’art. 14 della L . 18 novembre 1998 n. 415 (Merloni ter) che prevede il piano triennale dei lavori pubblici e l’elenco annuale quali allegati obbligatori del bilancio di previsione [2];

-         l’art. 36 del D. Lgs.25 febbraio 1995, n. 77 che dispone l’approvazione della delibera consiliare della ricognizione sullo stato di attuazione dei programmi, almeno una volta entro il 30 settembre di ciascun anno;  

-         l’attenzione alla programmazione si rileva indirettamente anche attraverso una serie di norme che mirano a creare o a diffondere strumenti idonei per adottare scelte razionali: primi fra tutti, l’analisi economica e la contabilità economica. Un esempio lampante è fornito dalla determinazione della tariffa del servizio rifiuti, di cui al D. Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 (Decreto Ronchi) [3].

Relativamente al secondo punto sopraindicato (presenza di nuovi elementi esterni in grado di influenzare le politiche di bilancio), si fa riferimento ai vincoli ed alle prescrizioni per gli enti locali derivanti dall’applicazione del patto di stabilità interno di cui all’art. 28 della L. 23 dicembre 1998, n. 448, come integrato dall’art. 19 del disegno di legge finanziaria 2000.

Gli enti locali concorrono alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica che il Paese ha adottato a livello comunitario impegnandosi a:

1)        ridurre progressivamente il finanziamento in disavanzo delle proprie spese;

2)        ridurre il rapporto tra il proprio ammontare di debito e il prodotto interno lordo.

Secondo la circolare del Ministero del Tesoro del Bilancio e della Programmazione economica del 12 marzo 1999, n. 11 “L’impegno che è richiesto a Province e Comuni per la realizzazione dei due obiettivi, definiti dall’articolo 28, si caratterizza per un diverso grado di cogenza. Il miglioramento del saldo finanziario deve considerarsi …. un obiettivo primario che il sistema delle autonomie ha fatto proprio per concorrere agli obiettivi di risanamento della finanza pubblica italiana. Il miglioramento del rapporto debito/PIL deve considerarsi, invece, come un obiettivo derivato …”.

Lo sforzo richiesto alle autonomie locali per la prima volta nell’anno 1999, è rinnovato anche per l’anno 2000;  infatti, l’art. 19 del disegno di legge finanziaria 2000 prevede una ulteriore riduzione del disavanzo (calcolato nei modi riportati nella succitata circolare  del 12 marzo 1999, n. 11) in misura pari o superiore al 0,1% del PIL.

Inoltre, gli obiettivi non raggiunti nel 1999 dovranno essere recuperati nel 2000.

Come tradurre in pratica le disposizioni normative è oggetto di dibattito in questi ultimi mesi e lo sarà ancorpiù in prossimità dell’elaborazione e dell’approvazione del bilancio preventivo per l’anno 2000.

Prima di affrontare le problematiche applicative si evidenziano innanzitutto due adempimenti particolarmente rilevanti:

-         gli enti dovranno trasmettere al Ministero del Tesoro la relazione illustrativa  sulle misure adottate o che si intende adottare per conseguire gli obiettivi del patto di stabilità ed i riflessi delle misure stesse sulle previsioni di competenza del bilancio;

-         la giunta riferisce trimestralmente al consiglio sul perseguimento degli obiettivi del patto di stabilità interno.

Questi due adempimenti assumono una grande rilevanza poiché, come si vedrà in seguito, introducono, di fatto, concetti e responsabilità particolarmente innovativi nel settore enti locali.

            Un altro aspetto da non trascurare riguarda i premi concessi agli enti più virtuosi: il primo riguarda tutti gli enti ed è una sorta di sconto sugli interessi passivi dei mutui contratti con la Cassa DD PP; il secondo consiste nella facoltà di estinzione anticipata dei mutui con la Cassa DD PP senza corrispondere penalità. In particolare:

1)     è concessa una riduzione dello 0,5% del tasso d'interesse applicato sui mutui della Cassa depositi e prestiti in essere al 31 dicembre 1998 (con esclusione di quelli il cui ammortamento è interamente a carico dello Stato) a tutti gli enti, se l’obiettivo della riduzione, per l'anno 2000, del disavanzo in misura pari ad almeno lo 0,1% del prodotto interno lordo sarà complessivamente conseguito; qualora ciò non avvenga,  il premio spetterà solamente agli enti che hanno conseguito l'obiettivo [4];

2)     è concesso il rimborso anticipato dei mutui contratti con la Cassa depositi e prestiti senza oneri aggiuntivi oltre a quelli del rimborso del residuo debito, agli enti che presentano al Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, piani finanziari di riduzione del proprio rapporto debito/PIL di almeno il 10% nell’arco di cinque anni [5].

   

2. Il nuovo ciclo della programmazione, della rendicontazione e del controllo durante l’esercizio.

 

            La programmazione nell’ente locale promana dalle linee programmatiche approvate dal consiglio dell’ente successivamente all’elezione del sindaco o del presidente della provincia, nel termine fissato dallo statuto ai sensi dell’art. 34, comma 2 bis, della L. 142/90, come modificata dalla L. 265/99.

            E’ noto che la programmazione delle attività e dei servizi pubblici non può che partire dall’analisi della situazione esistente all’interno di ciascun ente, per cui uno dei primi problemi che ogni nuova amministrazione deve affrontare consiste nella gestione dei programmi e dei progetti iniziati antecedentemente e non ancora conclusi.

            Dopo l’approvazione delle linee programmatiche da parte del consiglio, i processi di programmazione, di rendicontazione e di controllo del grado di raggiungimento degli obiettivi segnano le cadenze e le modalità prestabilite dall’ordinamento finanziario e contabile:

-         entro il 31 dicembre l’approvazione del bilancio preventivo, con tutti i suoi allegati fra i quali spicca la relazione revisionale e programmatica per i contenuti programmatori espressi in termini finanziari e discorsivi e per la struttura articolata per programmi e progetti;

 -         il bilancio preventivo si traduce in contenuti operativi attraverso il P.E.G. che, diversamente dal bilancio (che si inserisce nei rapporti interorganici tra giunta e consiglio), si colloca nei rapporti tra giunta e responsabili dei servizi, dirigenti o funzionari a seconda delle dimensioni dell’ente;

-         durante l’esercizio le variazioni di bilancio e di P.E.G. esprimono il grado di adattamento delle previsioni alla realtà in continua evoluzione;

-         sempre durante l’esercizio il momento di verifica principale della programmazione è certamente costituito dalla ricognizione sullo stato di attuazione dei programmi, ai sensi dell’art. 36 del D. Lgs. 77/95, che deve avvenire almeno una volta entro il mese di settembre secondo le modalità previste dal regolamento di contabilità; pur essendo un tipico strumento di controllo strategico del consiglio sulla giunta, tale verifica si configura altresì come un passaggio essenziale del più ampio processo di controllo di gestione che, a sua volta, si colloca principalmente fra i rapporti tra giunta e responsabili dei servizi;

-         come grande novità della legge finanziaria 2000 si inserisce tra le verifiche infrannuali anche la  relazione trimestrale della giunta al consiglio sul perseguimento degli obiettivi del patto di stabilità interno;

-         chiude il ciclo della programmazione e della gestione l’imprescindibile adempimento della rendicontazione, che, come noto, si basa sulla visione tridimensionale dei fatti e degli accadimenti avvenuti nell’esercizio: finanziaria, economica e patrimoniale.  

Il grafico seguente evidenzia sinteticamente i soggetti e gli adempimenti tipici dei processi di programmazione, di controllo e di rendicontazione degli enti locali [6].

 

3. Le politiche di bilancio nei limiti derivanti dal patto di stabilità interno

 

Le succitate norme e tutte le altre concernenti il patto di stabilità interno per l’analisi delle quali si rinvia a trattazioni specifiche [7], mettono in luce nuovi vincoli e nuove  problematiche nella redazione del bilancio.

La prima e la più importante discende dal fatto che il bilancio preventivo è redatto secondo i principi finanziari della “competenza”, mentre le prescrizioni del patto di stabilità riguardano la “cassa”.

In altri termini, gli stanziamenti del bilancio preventivo vengono commisurati ai volumi degli accertamenti e degli impegni che si presume di assumere nell’anno considerato, senza tener conto dei relativi momenti nei quali si trasformeranno in incassi e pagamenti (flussi di cassa); ciò che, al contrario, è necessario predeterminare ai fini della misurazione degli obiettivi da raggiungere secondo le prescrizioni del patto di stabilità interno.

Pertanto, il patto di stabilità impone, di fatto, la formulazione di una specie di bilancio di cassa, seppur molto più semplificato dell’analogo bilancio di cassa obbligatorio nell’ordinamento precedente al D. Lgs. 77/95 [8].

Anche se mancano le disposizioni attuative alle norme contenute nel disegno di legge finanziaria 2000, è ovvio ritenere che la relazione revisionale e programmatica dovrà fornire adeguate spiegazioni dell’andamento dei flussi di cassa in relazione sia alle previsioni di competenza del bilancio, sia alla gestione residui.

Si dovrà dimostrare, ad esempio che le manovre di bilancio sono sufficienti a garantire il rispetto dei saldi programmatici 1999 e 2000; con ciò evidenziando la regolarità contabile delle previsioni di competenza alla luce dei rispettivi equilibri e vincoli di cassa.

Circa le azioni per raggiungere gli obiettivi del patto di stabilità il legislatore fornisce una ampia gamma di ipotesi, che si riportano qui di seguito a titolo di esempio [9]:

a) perseguimento di obiettivi di efficienza, aumento della produttività e riduzione dei costi nella gestione dei servizi pubblici e delle attività di propria competenza;

b) contenimento del tasso di crescita della spesa corrente rispetto ai valori degli anni precedenti;

c) potenziamento delle attività di accertamento dei tributi propri ai fini di aumentare la base imponibile;

d) aumento del ricorso al finanziamento a mezzo prezzi e tariffe dei servizi pubblici a domanda individuale;

e) dismissione di immobili di proprietà non funzionali allo svolgimento della attività istituzionale;

f) ridurre la spesa per il personale, ai sensi di quanto previsto dall'articolo 39, comma 19 e 20-bis della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni;

g) limitare il ricorso ai contratti stipulati al di fuori della dotazione organica e alle consulenze esterne, laddove tali iniziative siano previste dai rispettivi ordinamenti e procedere alla soppressione degli organismi collegiali non ritenuti indispensabili, ai sensi dell'articolo 41, comma 1, della legge 27 dicembre 1997, n. 449 

h) sviluppare le iniziative per la stipula dei contratti di sponsorizzazione, accordi e convenzioni previsti dall'articolo 43 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, allo scopo di realizzare maggiori economie nella gestione;

i) ridurre il ricorso all'affidamento diretto a società controllate o ad aziende speciali la concessione di servizi pubblici.

            Le problematiche concernenti le azioni da perseguire derivano dal fatto che sono menzionate dal legislatore solamente le “azioni virtuose” mentre nulla si dice su quelle “meno virtuose” che consistono nel ritardare i pagamenti; bisogna comunque rilevare che quest’ultima fattispecie, pur comportando un immediato miglioramento dei saldi finanziari, non può essere considerata in ogni caso un valido espediente, essendo destinata a ridurre inevitabilmente la propria efficacia nel medio periodo poiché il rallentamento nei pagamenti non può durate all’infinito; inoltre tale situazione si ripercuoterebbe negativamente con l’aumento dei costi degli appalti e delle forniture.

            Un altro aspetto decisamente innovativo da tener conto nelle future politiche di bilancio è l’opportunità di ridurre il debito nei confronti della Cassa DD PP senza pagare penalità.

            Le manovre di bilancio dirette alla diminuzione dell’esposizione debitoria trovano immediati riflessi positivi in due direzioni:

-         a livello di bilancio dell’ente si contraggono le spese per interessi e si permette, di conseguenza, di incrementare le altre spese o di ridurre il prelievo fiscale a carico dei cittadini;

-         a livello nazionale, si favorisce il rientro del debito pubblico negli obiettivi di finanza pubblica stabiliti in sede comunitaria.

Ovviamente per effettuare manovre di rientro del debito servono risorse finanziarie immediatamente disponibili che potrebbero pervenire o dall’alienazione di beni immobili o mobili non più direttamente utilizzati per l’erogazione dei servizi pubblici, o da avanzi di amministrazione (determinati in sede di rendicontazione) o da avanzi economici di parte corrente (entrate correnti che superano le spese correnti nel bilancio preventivo).

Da rilevare che quest’ultimo caso sembra essere un po’ raro visto che perché possa succedere, il prelievo fiscale locale dovrebbe con tutta probabilità, non solo coprire le spese di funzionamento e di gestione dei servizi pubblici (non finanziate dallo Stato), ma anche un “gap” differenziale destinato, già in sede di bilancio preventivo, alla restituzione del capitale preso a prestito.

Infine, se l’ente dispone di consistenti beni patrimoniali, vendibili senza compromettere la gestione dei servizi pubblici, si potrebbe configurare anche un doppio vantaggio: da un lato il rimborso anticipato dei mutui precedentemente contratti comporta rilevanti diminuzioni degli interessi passivi e alleggerisce, di conseguenza la rigidità del bilancio; dall’altro, si potrebbero contrarre nuovi mutui (comunque nei limiti del patto di stabilità) per realizzare nuove opere pubbliche a tassi di interesse decisamente inferiori a quelli pattuiti negli anni ’80 e ’90.



[1] Artt. 39 e segg. del D. Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77. Per approfondimenti si veda Bellesia M., Il controllo interno di gestione: un manuale per gli enti locali, Casa Editrice CEL, Gorle BG, 1997, in corso di ristampa.

[2] Anche se il relativo regolamento non è stato ancora emanato, restano comunque in vigore i principi contabili che impongono l’elaborazione di un bilancio annuale e pluriennale veritiero e rispettoso dei vincoli di legge in tema di finanziamento degli investimenti; gli stessi principi impongono anche l’attendibilità delle previsioni in riferimento alle reali potenzialità del bilancio, tenuto conto, fra l’altro, di tutti gli oneri indotti conseguenti la realizzazione delle opere pubbliche e degli altri investimenti. Si veda per approfondimenti Bellesia M., Enti locali. Analisi di bilancio, IPSOA, Milano, 1998.   

[3] L’art. 49, comma 2, del D. Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, dispone che “I costi per i servizi relativi alla gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti di qualunque natura o provenienza giacenti sulle strade e aree pubbliche e soggette ad uso pubblico, sono coperte dai comuni mediante l’istituzione di una tariffa.”.  Ciò significa, come peraltro dettagliatamente indicato nel D.P.R. attuativo 27 aprile 1999, n. 158, che la scelta dei livelli e dell’articolazione della tariffa (da effettuarsi in sede di programmazione) promana dalla determinazione dei costi del servizio, secondo principi e criteri tipici dell’analisi economica.

[4] Art. 19, comma 5, disegno di legge finanziaria 2000.

[5] Art. 28, comma 3, L. 23/12/98, n. 448; Circolare 26/3/99 n. 1/99 del Ministero del Tesoro del Bilancio e della Programmazione economica.

[6] Per approfondimenti si veda Bellesia M., Nuovo manuale di contabilità per gli enti locali, Collana Editoriale ANCI, Casa Editrice CEL, Gorle (Bg), 1999. Aggiornamento on line al sito www.bellesiamauro.it

[7] Si veda per approfondimenti: Bellesia M., Marani Andrea, Il patto di stabilità interno per gli enti locali, Casa Editrice CEL, Gorle (Bg), 1999.

[8] D.P.R. 421/79.

[9] Art. 28, comma 2, L. 23/12/98, n. 448 come modificato dal disegno di legge finanziaria 2000.