Pubblicista, componente dell’Osservatorio per
la finanza e la contabilità
degli enti locali e dirigente del Comune di Vicenza
Gli
ultimi sviluppi della normativa finanziaria e contabile degli enti locali
mettono in luce due linee di tendenza innovative e particolarmente rilevanti:
1)
una maggiore attenzione, rispetto al passato, ai temi della
programmazione ed del controllo, nella separazione tra poteri politici e competenze
gestionali;
2)
la presenza di vincoli macroeconomici in grado di influenzare le
politiche di bilancio anche degli enti di minori dimensioni.
Relativamente al primo punto si ricorda, a titolo di esempio (per nulla esaustivo), le seguenti recenti disposizioni normative:
-
il D.P.R. 3 agosto 1998, n. 326, che approva i nuovi modelli di relazione
previsionale e programmatica obbligatori dall’anno 2000; la redazione di tali
modelli comporta un impegno maggiore rispetto al passato in sede di
programmazione delle risorse e degli interventi nel triennio successivo;
-
il D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 286, che
riforma i controlli interni nelle pubbliche amministrazioni e prevede quattro
fattispecie distinte: il controllo di regolarità amministrativa e contabile, il
controllo di gestione, la valutazione della dirigenza e la valutazione ed il
controllo strategico. Il succitato decreto legislativo si presenta innovativo
anche nei confronti degli enti locali, che peraltro avevano già da tempo una
normativa organica in merito [1];
infatti, il T.U. sull’ordinamento degli enti locali riprende i principi generali del controllo interno stabiliti per
tutte le Pubbliche Amministrazioni e, all’art. 147, dispone la specifica
tipologia dei controlli interni per gli enti locali, adattandoli alla loro
struttura e autonomia normativa ed organizzativa [2].
- l’art. 14 della L . 11 febbraio 1994, n. 109 e successive modificazioni ed integrazioni (legge Merloni), il D.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554 (regolamento di attuazione) e il D.M. 21 giugno 2000 (modalità e schemi tipo), che prevedono l’adozione del piano triennale dei lavori pubblici e dell’elenco annuale quali allegati obbligatori facenti parte integrante del bilancio di previsione. Con l’entrata in vigore della succitata normativa si rafforza l’efficacia della programmazione degli enti locali poiché sembra finalmente raggiunto un sistema organico di previsioni tecniche e finanziarie che trovano necessariamente equilibrio con tutte le altre attività e risorse prese in considerazione nel processo di formazione del bilancio preventivo [3].
-
l’art. 36 del D. Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, che dispone l’approvazione
della delibera consiliare della ricognizione sullo stato di attuazione dei
programmi e di verifica degli equilibri di bilancio, almeno una volta entro il
30 settembre di ciascun anno; ciò costituisce non solo un importante momento di
controllo durante l’esercizio, ma anche uno strumento che pone le basi per la
programmazione degli anni successivi.
Relativamente al secondo punto sopraindicato (presenza di vincoli macroeconomici in grado di influenzare le politiche di bilancio anche degli enti di minori dimensioni), si fa riferimento ai vincoli ed alle prescrizioni derivanti dall’applicazione del patto di stabilità interno, di cui all’art. 28 della L. 23 dicembre 1998, n. 448 e all’art. 30 della L. 23 dicembre 1999, n. 488.
Secondo il succitato art. 28, gli enti locali concorrono alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica che il Paese ha adottato a livello comunitario impegnandosi a:
1) ridurre
progressivamente il finanziamento in disavanzo delle proprie spese;
2) ridurre
il rapporto tra il proprio ammontare di debito e il prodotto interno lordo.
La circolare del Ministero
del Tesoro del Bilancio e della Programmazione economica del 12 marzo 1999, n.
11, precisa che “l’impegno che è
richiesto a Province e Comuni per la realizzazione dei due obiettivi … si
caratterizza per un diverso grado di cogenza. Il miglioramento del saldo
finanziario deve considerarsi …. un obiettivo primario che il sistema delle
autonomie ha fatto proprio per concorrere agli obiettivi di risanamento della
finanza pubblica italiana. Il miglioramento del rapporto debito/PIL deve
considerarsi, invece, come un obiettivo derivato …”.
Entrambi gli obiettivi
riguardano la gestione di cassa riferendosi agli incassi ed ai pagamenti di
tesoreria. La scelta di fare riferimento alla cassa e non alla competenza è
stata una scelta obbligata in relazione alle modalità di calcolo del debito
pubblico e del deficit in sede comunitaria.
La successiva circolare del
Ministero del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione Economica 4 febbraio
2000, n. 4, precisa inoltre che tutti gli enti sono tenuti alla riduzione del
disavanzo a livello macroeconomico; ciò significa che gli enti che presentano
una situazione in disavanzo devono ridurlo, mentre gli enti che presentano una
situazione in avanzo devono ugualmente migliorare le cose aumentandolo.
Lo sforzo richiesto alle
autonomie locali per la prima volta nell’anno 1999, è esteso anche agli anni
successivi recuperando nell’anno 2000 l’eventuale obiettivo non raggiunto nel
1999.
Per quanto riguarda la
quantificazione dei suddetti obiettivi, l’art. 28 della L. 23 dicembre 1998, n.
448 dispone che la riduzione del disavanzo deve essere pari nell’anno 1999 ad
almeno lo 0,1% del P.I.L.; l’art. 30 della L. 23 dicembre 1999, n. 488 prevede
un una ulteriore riduzione del 0,1% per l’anno 2000. L’importo della riduzione
applicata per l’anno 2000 dovrà rimanere costante anche per gli anni 2001, 2002
e 2003.
Tralasciando, in questa
sede, le modalità e gli adempimenti specifici in materia di patto di stabilità
interno, giova comunque evidenziare che al raggiungimento o al mancato raggiungimento degli obiettivi sono connessi
eventuali sanzioni ed un sistema premiante particolarmente incisivo.
Il meccanismo premiante
funziona (in sintesi) in questo modo: sconto del 0,5% sugli interessi dei mutui con la Cassa DD PP “a pioggia”, se
l’obiettivo della riduzione del disavanzo del 0,2% del P.I.L. è conseguito nel
biennio 1999-2000 complessivamente per tutti gli enti del comparto; altrimenti
“sconto selettivo” solo per gli “enti virtuosi” che hanno raggiunto
l’obiettivo. Inoltre, sconto raddoppiato (1%) per gli enti che ottengono una
riduzione del proprio disavanzo superiore a quella necessaria per conseguire, a
livello di comparto, un risparmio complessivo del 0.3% del P.I.L.[4].
Fra tutti gli enti, i comuni
con più di 15000 abitanti e le province sono maggiormente sensibilizzati alle
problematiche del patto di stabilità perché dovranno predisporre
all’assestamento di bilancio una specifica relazione della Giunta al Consiglio
sul perseguimento degli obiettivi programmatici dell’anno 2000, introducendo,
se del caso, le opportune variazioni di bilancio correttive (art. 30, comma 4,
della L. 488/99).
Anche
gli altri enti, pur non essendo tenuti ad approvare specifiche relazioni
sull’andamento della gestione di cassa ai fini del patto di stabilità, dovranno
verificare se il trend attuale lascia prevedere, o meno, il raggiungimento
dell’obiettivo programmatico 2000 per poter tempestivamente porre in essere le
eventuali azioni correttive e, conseguentemente, beneficiare degli sconti sugli
interessi.
Oltre alle due linee di tendenza
succitate
(una maggiore attenzione ai temi della programmazione ed del controllo e la
presenza di vincoli macroeconomici) vi sono anche altri elementi, più o meno
innovativi, destinati ad influire in modo considerevole nelle politiche del
bilancio 2001:
-
l’aumento
dei trasferimenti erariali come indicato nel D.P.E.F. con l’adozione di nuovi
criteri di riparto;
-
il
rimborso anticipato dei mutui contratti con la Cassa depositi e prestiti senza
oneri aggiuntivi oltre a quelli del rimborso del residuo debito; tale
opportunità è concessa agli enti che presentano al Ministero del Tesoro, del
Bilancio e della Programmazione Economica, piani finanziari di riduzione del
proprio rapporto debito/PIL di almeno il 10% nell’arco di cinque anni [5];
-
la
trasformazione dei mutui già contratti con la Cassa DD PP in nuovi mutui da
ammortizzare al tasso vigente (art. 61, comma 3, L. 23 dicembre 1998, n. 448;
circolare della Cassa DD. PP. 4 luglio 2000, n. 1239, G.U. n. 163 del 14/7/00).
In attesa dell’attuazione
del federalismo restano anche annosi problemi aperti, come quello sull’IVA
pagata in caso di esternalizzazione di servi pubblici o quello sull’effettiva
introduzione della tariffa rifiuti.
Anche
il bilancio dell’anno 2001, pur con le novità normative riportate in sintesi
nel punto precedente, denota i problemi comuni degli ultimi anni: aumenti di
spese correnti obbligatorie come le retribuzioni del personale o le indennità
agli amministratori ed aumenti dei costi di gestione connessi ad un andamento
congiunturale certamente indipendente dalla volontà degli amministratori
locali: è il caso, ad esempio, dell’aumento delle spese di riscaldamento per
effetto del “caro petrolio” o dell’aumento dei tassi sugli interessi..
D’altra
parte, le entrate tributarie sembrano ormai consolidate o ingessate nella
maggiorparte degli enti, se si esclude qualche possibile operazione di
“maquillage” sulle aliquote e sulle detrazioni delle imposte e delle tasse;
operazioni che sembrano peraltro legate ad una certa fantasia degli
amministratori e che alla fine contribuiscono ad aggravare la tipica situazione
denominata “giungla fiscale”.
Inoltre,
le aspettative dei cittadini si fanno sempre più pressanti in tema di nuovi
servizi o di miglioramento di quelli attuali.
Come
uscire, nel migliore dei modi, da questa situazione che ogni anno che passa
diventa sempre più difficile da gestire?
Certamente
attraverso una razionalizzazione dei servizi e della struttura organizzativa,
unitamente ad una ridistribuzione delle risorse in funzione delle priorità
attuali.
Facile
a dirsi, ma difficile a farsi.
Ciò
nonostante, qualcosa può essere fatto senza tanti stravolgimenti ed è utile
farlo già da subito; a mero titolo di esempio, senza alcuna pretesa di fornire
soluzioni generiche e valide per tutti, ma invece con l’intento di stimolare un
dibattito costruttivo e (ovviamente) migliorativo, si evidenzia qui di seguito
alcune considerazioni di massima sulle possibili politiche o manovre del
bilancio 2001.
1) Ottenere il premio per gli enti virtuosi
La prima manovra possibile
ed ancora in parte realizzabile pur con l’avvicinarsi della data del 31
dicembre, riguarda la gestione dell’anno 2000:
cercare in tutti i modi di ottenere il premio per gli enti virtuosi
secondo le norme del patto di stabilità interno (sconto sugli interessi dei
mutui con la Cassa DD. PP.del 05% o del 1%).
Le disposizioni del patto di stabilità non vanno sottovalutate per due ordini di motivi:
- per le possibili economie di spesa delle quali
potrebbero beneficiare i bilanci degli anni futuri, visto che la riduzione
degli interessi passivi corrisponde ad una cifra certamente ragguardevole nella
maggioranza degli enti locali;
- per le possibili responsabilità derivanti non solo
dal disattendere precise disposizioni di legge (art. 28 L. 448/98), ma anche
dalla rinuncia del vantaggio patrimoniale pari agli sconti sugli interessi
previsti nei confronti degli “enti virtuosi”.
2) Attenzione alla gestione di cassa
Le succitate norme
concernenti il patto di stabilità interno per l’analisi delle quali si rinvia a
trattazioni specifiche [6],
mettono in luce nuovi vincoli e nuove
problematiche nella redazione del bilancio.
La prima discende dal fatto
che il bilancio preventivo è redatto secondo i principi finanziari della
“competenza”, mentre le prescrizioni del patto di stabilità riguardano la
“cassa”.
In altri termini, gli stanziamenti del bilancio preventivo vengono commisurati ai volumi degli accertamenti e degli impegni che si presume di assumere nell’anno considerato, senza tener conto dei relativi momenti nei quali si trasformeranno in incassi e pagamenti (flussi di cassa); ciò che, al contrario, è necessario predeterminare ai fini della misurazione degli obiettivi da raggiungere secondo le prescrizioni del patto di stabilità interno.
Pertanto, il patto di
stabilità impone, di fatto, la formulazione di una specie di bilancio di cassa,
seppur molto più semplificato dell’analogo bilancio di cassa obbligatorio
nell’ordinamento precedente al D. Lgs. 77/95 [7].
E’ ovvio ritenere che la relazione previsionale e programmatica dovrà fornire adeguate spiegazioni dell’andamento dei flussi di cassa in relazione sia alle previsioni di competenza del bilancio, sia alla gestione residui. Si dovrà dimostrare, ad esempio, che le manovre di bilancio sono sufficienti a garantire il rispetto dei saldi programmatici, evidenziando la regolarità contabile delle previsioni di competenza alla luce dei rispettivi equilibri e vincoli di cassa.
La
rinnovata attenzione alla gestione di cassa di per sé non costituisce una
manovra di bilancio; è comunque importante perché, per raggiungere gli
obiettivi del patto di stabilità, sono possibili due tipi di azioni, la prima
delle quali certamente meno “dolorosa” della seconda:
a) azioni con riflessi esclusivamente sulla gestione
di cassa, come ad esempio l’aumento della velocità di incasso delle entrate
proprie;
b) azioni con riflessi sia sulla gestione di
competenza, che sulla gestione di cassa, come ad esempio l’aumento delle
tariffe.
In ultima analisi, prima di
applicare le azioni della seconda fattispecie è bene verificare i margini di
manovra della prima [8].
3) Possibilità di ridurre il debito nei
confronti della Cassa DD PP senza pagare penalità
Un
altro aspetto decisamente innovativo da tener conto nelle future politiche di
bilancio è l’opportunità di ridurre il debito nei confronti della Cassa DD PP
senza pagare penalità.
Le manovre di bilancio dirette alla diminuzione dell’esposizione debitoria comportano riflessi positivi in due direzioni:
-
a
livello di bilancio dell’ente si contraggono le spese per interessi e si
permette, di conseguenza, di incrementare le altre spese o di ridurre il
prelievo fiscale a carico dei cittadini;
-
a
livello nazionale, si favorisce il rientro del debito pubblico negli obiettivi
di finanza pubblica stabiliti in sede comunitaria.
Ovviamente per effettuare
manovre di rientro del debito servono risorse finanziarie immediatamente
disponibili che potrebbero pervenire o dall’alienazione di beni immobili o
mobili non più direttamente utilizzati per l’erogazione dei servizi pubblici, o
da avanzi di amministrazione (determinati in sede di rendicontazione) o da
avanzi di parte corrente (entrate correnti che superano le spese correnti nel
bilancio preventivo).
Da rilevare che quest’ultimo
caso sembra un po’ raro visto che il prelievo fiscale locale dovrebbe con tutta
probabilità, non solo coprire le spese di funzionamento e di gestione dei
servizi pubblici (non finanziate dallo Stato), ma anche un “gap” differenziale
destinato, già in sede di bilancio preventivo, alla restituzione del capitale
preso a prestito.
Infine, se l’ente dispone di
consistenti beni patrimoniali, vendibili senza compromettere la gestione dei
servizi pubblici, si potrebbe configurare anche un doppio vantaggio: da un lato
il rimborso anticipato dei mutui precedentemente contratti comporta rilevanti
diminuzioni degli interessi passivi e alleggerisce, di conseguenza la rigidità
del bilancio; dall’altro, si potrebbero contrarre nuovi mutui (comunque nei
limiti del patto di stabilità) per realizzare nuove opere pubbliche a tassi di
interesse decisamente inferiori a quelli pattuiti negli anni ’80 e ’90.
4) Rinegoziazione dei mutui con la Cassa DD PP
Anche se in linea di massima
l’operazione di trasformazione dei mutui già contratti con la Cassa DD PP in
nuovi mutui da ammortizzare al tasso vigente (ex art. 61, comma 3, L. 23
dicembre 1998, n. 448; circolare della Cassa DD. PP. 4 luglio 2000, n. 1239, G.U.
n. 163 del 14/7/00) sembra non molto appetibile, è opportuno che ogni ente
provveda ad effettuare le analisi e le simulazioni del caso per valutare
l’effettiva convenienza.
5) Gli ammortamenti nel bilancio preventivo
Nel bilancio 2001 dovranno
essere inseriti gli ammortamenti nelle percentuali e nei valori indicati
dall’ordinamento finanziario e contabile.
E’ importante sottolineare
che, contrariamente a quello che molti fanno credere, la cifra complessiva
degli ammortamenti da inserire nel bilancio non raggiunge, di norma, importi
ragguardevoli, se rapportati ai totali della spesa corrente. Pertanto, non
sembrano giustificate le ipotesi allarmistiche che attribuiscono agli
ammortamenti la causa delle difficoltà di far quadrare il bilancio.
Al
contrario, si dovrebbe invece programmare a medio termine il riutilizzo delle
risorse accantonate per ammortamenti, alleggerendo le spese correnti e creando
quel meccanismo di autofinanziamento ritenuto insostituibile nel settore delle
imprese.
6) Applicare tecniche di zero base budgeting
In un contesto nel quale le
risorse scarseggiano per finanziare tutti gli interventi urgenti e necessari,
la via da seguire è una sola e passa attraverso la ridefinizione delle priorità
di tutte le attività poste in essere. Ciò allo scopo di gestire al meglio le
risorse attualmente disponibili.
Rimettere in discussione
tutto quello che si fa in sede di programmazione è denominato nel settore
aziendale “zero base budgeting”
7) Valutare tutte le possibilità di finanziamento degli
investimenti
Anche
se la contrazione di mutui è ancora il mezzo di finanziamento degli
investimenti più comune, non bisogna escutere a priori (specie nei piccoli
comuni) la possibilità di accedere a forme di finanziamento alternative: il
project financing, i b.o.c., le alienazioni patrimoniali, le sponsorizzazioni,
gli ammortamenti, ecc..
8) Recupero della base imponibile di imposte e tasse
E’
una manovra di bilancio “classica”, ma sempre auspicabile ed il più delle volte
molto efficace. Attenzione comunque a porre in essere azioni di recupero
effettive e non “di facciata” altrimenti, fra le altre cose, potrebbe
risentirne anche la veridicità e l’attendibilità del bilancio, con tutte le
conseguenze del caso.
9) Manovre dirette ad aumentare l’efficienza
gestionale
Anche
tutte le manovre dirette a ridurre sprechi di risorse e costi di gestione
possono essere definite “classiche”. La difficoltà resta comunque
l’individuazione delle aree di miglioramento; a ciò deve essere
prioritariamente indirizzata l’attività del controllo di gestione e del nucleo
di valutazione.
10) Gestire l’organizzazione e guidare le risorse
umane verso le priorità dell’Amministrazione
Gestire
l’organizzazione e le risorse umane in sintonia con i programmi e le priorità
dell’Amministrazione è certamente una
delle cose più difficili specie negli enti locali dove la grande diversità
della tipologia dei servizi erogati ai cittadini, delle problematiche e delle
professionalità degli addetti fanno si che anche i piccoli comuni rientrano, di
fatto, nella fattispecie delle organizzazioni complesse.
Ciò
non toglie che questa sia forse l’unica vera strada per ottenere miglioramenti
tangibili e duraturi.
Il rischio è, come purtroppo
accade sovente, la banalizzazione di tali problematiche per mancanza di
adeguate professionalità.
L’effettivo utilizzo delle
potenzialità dell’organizzazione e delle risorse umane si nota dalla “qualità”
degli obiettivi espressi nella relazione previsionale e programmatica e nel
P.E.G.: l’assenza o la carenza di obiettivi precisi, chiari, quantificabili,
responsabilizzanti, migliorativi sia dell’efficacia che dell’efficienza
denotano ampie possibilità di
miglioramento.
11)
Make or buy?
L’esternalizzazione dei servizi può essere una grande opportunità per l’Amministrazione, ammesso che si calcoli e si valuti per bene la convenienza delle operazioni non solo sotto il profilo dell’efficacia, ma anche secondo le logiche economiche dell’efficienza e dell’economicità [9].
[1] Artt. 39 e segg. del D. Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77. Per approfondimenti si veda Bellesia M., Il controllo interno di gestione: un manuale per gli enti locali, Casa Editrice CEL, Gorle BG, 1997, in corso di ristampa.
[2] E’ da osservare che l’art. 1, comma 3, del D. Lgs. 286/99, stabiliva che gli enti locali “possono” adeguare le proprie normative regolamentari “nel rispetto dei propri ordinamenti generali e delle norme concernenti l’ordinamento finanziario e contabile”; tale norma è parzialmente superata dall’art. 147 del T.U. che prevede: “l’organizzazione dei controlli interni è effettuata dagli enti locali anche in deroga agli altri principi di cui all’art. 1, comma 2 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286”
[3] Da evidenziare anche l’obbligatorietà dei principi contabili che impongono l’elaborazione di un bilancio annuale e pluriennale veritiero e rispettoso dei vincoli di legge in tema di finanziamento degli investimenti; gli stessi principi impongono anche l’attendibilità delle previsioni in riferimento alle reali potenzialità del bilancio, tenuto conto, fra l’altro, di tutti gli oneri indotti conseguenti la realizzazione delle opere pubbliche e degli altri investimenti. Si veda per approfondimenti Bellesia M., Enti locali. Analisi di bilancio, IPSOA, Milano, 1998.
[4] Le modalità sono indicate nel D.M. 1/8/2000
[5] Art. 28, comma 3, L. 23/12/98, n. 448; Circolari 26/3/99 n. 1/99, 13 ottobre 1999 n. 2 del Ministero del Tesoro del Bilancio e della Programmazione Economica.
[6] Si veda per approfondimenti: Bellesia M., Marani Andrea, Il patto di stabilità interno per gli enti locali, Casa Editrice CEL, Gorle (Bg), 2000.
[7] D.P.R. 421/79.
[8] Circa le azioni per raggiungere gli obiettivi del patto di stabilità il legislatore fornisce una ampia gamma di ipotesi, che si riportano qui di seguito a titolo di esempio.
Art. 28, comma
2, L. 23/12/98, n. 448:
a) perseguimento di obiettivi di efficienza, aumento della produttività e riduzione dei costi nella gestione dei servizi pubblici e delle attività di propria competenza;
b) contenimento del tasso di crescita della spesa corrente rispetto ai valori degli anni precedenti;
c) potenziamento delle attività di accertamento dei tributi propri ai fini di aumentare la base imponibile;
d) aumento del ricorso al finanziamento a mezzo prezzi e tariffe dei servizi pubblici a domanda individuale;
e) dismissione di immobili di proprietà non funzionali allo svolgimento della attività istituzionale.
Art. 30, comma 8, legge 23
dicembre 1999, n. 488:
a) ridurre la spesa per il personale, ai sensi di quanto previsto dall'articolo 39, commi 19 e 20-bis, della legge 27 dicembre 1997, n.449, e successive modificazioni;
b) limitare il ricorso ai contratti stipulati al di fuori della dotazione organica ed alle consulenze esterne, laddove tali iniziative siano previste dai rispettivi ordinamenti, e procedere alla soppressione degli organismi collegiali non ritenuti indispensabili, ai sensi dell'articolo 41, comma 1, della legge 27 dicembre 1997, n.449;
c) sviluppare le iniziative per la stipula di contratti di sponsorizzazione, accordi e convenzioni previsti dall'articolo 43 della legge 27 dicembre 1997, n.449, allo scopo di realizzare maggiori economie nella gestione;
d) ridurre il ricorso all'affidamento diretto di servizi pubblici locali a società controllate o ad aziende speciali ed al rinnovo delle concessioni di tali servizi senza il previo espletamento di un'apposita gara di evidenza pubblica;
e) sviluppare iniziative per il ricorso, negli acquisti di beni e servizi, alla formula del contratto a risultato, di cui alla norma UNI 10685, rispondente al principio di efficienza ed economicità di cui all'articolo 4, comma 3, lettera c), della legge 15 marzo 1997, n.59".
f) procedere alla liberalizzazione del mercato dei servizi pubblici, rimuovendo gli ostacoli all'accesso di nuovi soggetti privati e promuovendo lo sviluppo dei servizi pubblici locali mediante l'utilizzo di tecniche di finanziamento con ricorso esclusivo a capitali privati;
g) utilizzare a fini di reinvestimento le somme accantonate per ammortamento di beni, in base alle disposizioni dell'articolo 9, comma 1, e dell'articolo 117, comma 1, del decreto legislativo 25 febbraio 1995, n. 77, la cui obbligatoria applicazione decorre dall'esercizio finanziario 2001, salva la facoltà degli enti locali di anticiparla fin dall'esercizio 2000. Restano fermi i valori percentuali relativi alla determinazione degli importi degli ammortamenti, di cui al citato articolo 117, comma 1.”
Le problematiche concernenti le azioni da perseguire derivano dal fatto che sono menzionate dal legislatore solamente le “azioni virtuose” mentre nulla si dice su quelle “meno virtuose” che consistono nel ritardare i pagamenti; bisogna comunque rilevare che quest’ultima fattispecie, pur comportando un immediato miglioramento dei saldi finanziari, non può essere considerata in ogni caso un valido espediente, essendo destinata a ridurre inevitabilmente la propria efficacia nel medio periodo poiché il rallentamento nei pagamenti non può durate all’infinito; inoltre tale situazione si ripercuoterebbe negativamente con l’aumento dei costi degli appalti e delle forniture.
[9] Per
approfondimenti sulle tematiche finanziarie e contabili del presente articolo
si veda Bellesia M., Nuovo manuale di contabilità per gli enti locali, Collana
Editoriale ANCI, Casa Editrice CEL, Gorle (Bg), 1999. Aggiornamento on line
al sito www.bellesiamauro.it