X salone delle autonomie locali – Modena 10/11/12 ottobre 2000

 

 

PIANIFICARE IL BILANCIO 2001 TRA DIMINUZIONE DELLE RISORSE, PATTO DI STABILITA’ E INCREMENTO DELLE ESIGENZE DI SERVIZI DEI CITTADINI

 

Mauro Bellesia

 

Pubblicista, componente dell’Osservatorio per la  finanza e la contabilità

degli enti locali e dirigente del Comune di Vicenza

www.bellesiamauro.it

 

 

 

1. La recente evoluzione normativa in tema di finanza e contabilità degli enti locali

 

            Gli ultimi sviluppi della normativa finanziaria e contabile degli enti locali mettono in luce due linee di tendenza innovative e particolarmente rilevanti:

 

1)     una maggiore attenzione, rispetto al passato, ai temi della programmazione ed del controllo, nella separazione tra poteri politici e competenze gestionali;

 

2)     la presenza di vincoli macroeconomici in grado di influenzare le politiche di bilancio anche degli enti di minori dimensioni.

 

            Relativamente al primo punto si ricorda, a titolo di esempio (per nulla esaustivo), le seguenti recenti disposizioni normative:

 

-         il D.P.R. 3 agosto 1998, n. 326, che approva i nuovi modelli di relazione previsionale e programmatica obbligatori dall’anno 2000; la redazione di tali modelli comporta un impegno maggiore rispetto al passato in sede di programmazione delle risorse e degli interventi nel triennio successivo;

 

-         il D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 286,  che riforma i controlli interni nelle pubbliche amministrazioni e prevede quattro fattispecie distinte: il controllo di regolarità amministrativa e contabile, il controllo di gestione, la valutazione della dirigenza e la valutazione ed il controllo strategico. Il succitato decreto legislativo si presenta innovativo anche nei confronti degli enti locali, che peraltro avevano già da tempo una normativa organica in merito [1]; infatti, il T.U. sull’ordinamento degli enti locali  riprende i principi generali del controllo interno stabiliti per tutte le Pubbliche Amministrazioni e, all’art. 147, dispone la specifica tipologia dei controlli interni per gli enti locali, adattandoli alla loro struttura e autonomia normativa ed organizzativa [2].

 

-          l’art. 14 della L . 11 febbraio 1994, n. 109 e successive modificazioni ed integrazioni (legge Merloni), il D.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554 (regolamento di attuazione) e il D.M. 21 giugno 2000 (modalità e schemi tipo), che prevedono l’adozione del piano triennale dei lavori pubblici e dell’elenco annuale quali allegati obbligatori facenti parte integrante del bilancio di previsione. Con l’entrata in vigore della succitata normativa si rafforza l’efficacia della programmazione degli enti locali  poiché sembra finalmente raggiunto un sistema organico di previsioni tecniche e finanziarie che trovano necessariamente equilibrio con tutte le altre attività e risorse prese in considerazione nel processo di formazione del bilancio preventivo [3]. 

 

-         l’art. 36 del D. Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, che dispone l’approvazione della delibera consiliare della ricognizione sullo stato di attuazione dei programmi e di verifica degli equilibri di bilancio, almeno una volta entro il 30 settembre di ciascun anno; ciò costituisce non solo un importante momento di controllo durante l’esercizio, ma anche uno strumento che pone le basi per la programmazione degli anni successivi.

 

Relativamente al secondo punto sopraindicato (presenza di vincoli macroeconomici in grado di influenzare le politiche di bilancio anche degli enti di minori dimensioni), si fa riferimento ai vincoli ed alle prescrizioni derivanti dall’applicazione del patto di stabilità interno, di cui all’art. 28 della L. 23 dicembre 1998, n. 448 e all’art. 30 della L. 23 dicembre 1999, n. 488.

Secondo il succitato art. 28, gli enti locali concorrono alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica che il Paese ha adottato a livello comunitario impegnandosi a:

 

1)  ridurre progressivamente il finanziamento in disavanzo delle proprie spese;

 

2)  ridurre il rapporto tra il proprio ammontare di debito e il prodotto interno lordo.

 

La circolare del Ministero del Tesoro del Bilancio e della Programmazione economica del 12 marzo 1999, n. 11, precisa che  “l’impegno che è richiesto a Province e Comuni per la realizzazione dei due obiettivi … si caratterizza per un diverso grado di cogenza. Il miglioramento del saldo finanziario deve considerarsi …. un obiettivo primario che il sistema delle autonomie ha fatto proprio per concorrere agli obiettivi di risanamento della finanza pubblica italiana. Il miglioramento del rapporto debito/PIL deve considerarsi, invece, come un obiettivo derivato …”.

Entrambi gli obiettivi riguardano la gestione di cassa riferendosi agli incassi ed ai pagamenti di tesoreria. La scelta di fare riferimento alla cassa e non alla competenza è stata una scelta obbligata in relazione alle modalità di calcolo del debito pubblico e del deficit in sede comunitaria.

La successiva circolare del Ministero del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione Economica 4 febbraio 2000, n. 4, precisa inoltre che tutti gli enti sono tenuti alla riduzione del disavanzo a livello macroeconomico; ciò significa che gli enti che presentano una situazione in disavanzo devono ridurlo, mentre gli enti che presentano una situazione in avanzo devono ugualmente migliorare le cose aumentandolo.  

Lo sforzo richiesto alle autonomie locali per la prima volta nell’anno 1999, è esteso anche agli anni successivi recuperando nell’anno 2000 l’eventuale obiettivo non raggiunto nel 1999.

Per quanto riguarda la quantificazione dei suddetti obiettivi, l’art. 28 della L. 23 dicembre 1998, n. 448 dispone che la riduzione del disavanzo deve essere pari nell’anno 1999 ad almeno lo 0,1% del P.I.L.; l’art. 30 della L. 23 dicembre 1999, n. 488 prevede un una ulteriore riduzione del 0,1% per l’anno 2000. L’importo della riduzione applicata per l’anno 2000 dovrà rimanere costante anche per gli anni 2001, 2002 e 2003.

Tralasciando, in questa sede, le modalità e gli adempimenti specifici in materia di patto di stabilità interno, giova comunque evidenziare che al raggiungimento o al mancato  raggiungimento degli obiettivi sono connessi eventuali sanzioni ed un sistema premiante particolarmente incisivo.

Il meccanismo premiante funziona (in sintesi) in questo modo: sconto del 0,5%  sugli interessi dei mutui con la Cassa DD PP “a pioggia”, se l’obiettivo della riduzione del disavanzo del 0,2% del P.I.L. è conseguito nel biennio 1999-2000 complessivamente per tutti gli enti del comparto; altrimenti “sconto selettivo” solo per gli “enti virtuosi” che hanno raggiunto l’obiettivo. Inoltre, sconto raddoppiato (1%) per gli enti che ottengono una riduzione del proprio disavanzo superiore a quella necessaria per conseguire, a livello di comparto, un risparmio complessivo del 0.3% del P.I.L.[4].

Fra tutti gli enti, i comuni con più di 15000 abitanti e le province sono maggiormente sensibilizzati alle problematiche del patto di stabilità perché dovranno predisporre all’assestamento di bilancio una specifica relazione della Giunta al Consiglio sul perseguimento degli obiettivi programmatici dell’anno 2000, introducendo, se del caso, le opportune variazioni di bilancio correttive (art. 30, comma 4, della L. 488/99).

            Anche gli altri enti, pur non essendo tenuti ad approvare specifiche relazioni sull’andamento della gestione di cassa ai fini del patto di stabilità, dovranno verificare se il trend attuale lascia prevedere, o meno, il raggiungimento dell’obiettivo programmatico 2000 per poter tempestivamente porre in essere le eventuali azioni correttive e, conseguentemente, beneficiare degli sconti sugli interessi.

 

Oltre alle due linee di tendenza succitate (una maggiore attenzione ai temi della programmazione ed del controllo e la presenza di vincoli macroeconomici) vi sono anche altri elementi, più o meno innovativi, destinati ad influire in modo considerevole nelle politiche del bilancio 2001:

 

-         l’aumento dei trasferimenti erariali come indicato nel D.P.E.F. con l’adozione di nuovi criteri di riparto;

 

-         il rimborso anticipato dei mutui contratti con la Cassa depositi e prestiti senza oneri aggiuntivi oltre a quelli del rimborso del residuo debito; tale opportunità è concessa agli enti che presentano al Ministero del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione Economica, piani finanziari di riduzione del proprio rapporto debito/PIL di almeno il 10% nell’arco di cinque anni [5];

 

-         la trasformazione dei mutui già contratti con la Cassa DD PP in nuovi mutui da ammortizzare al tasso vigente (art. 61, comma 3, L. 23 dicembre 1998, n. 448; circolare della Cassa DD. PP. 4 luglio 2000, n. 1239, G.U. n. 163 del 14/7/00).

 

In attesa dell’attuazione del federalismo restano anche annosi problemi aperti, come quello sull’IVA pagata in caso di esternalizzazione di servi pubblici o quello sull’effettiva introduzione della tariffa rifiuti.

 

 

2. Le politiche di bilancio negli ultimi mesi del 2000 e nel bilancio 2001

 

            Anche il bilancio dell’anno 2001, pur con le novità normative riportate in sintesi nel punto precedente, denota i problemi comuni degli ultimi anni: aumenti di spese correnti obbligatorie come le retribuzioni del personale o le indennità agli amministratori ed aumenti dei costi di gestione connessi ad un andamento congiunturale certamente indipendente dalla volontà degli amministratori locali: è il caso, ad esempio, dell’aumento delle spese di riscaldamento per effetto del “caro petrolio” o dell’aumento dei tassi sugli interessi..

            D’altra parte, le entrate tributarie sembrano ormai consolidate o ingessate nella maggiorparte degli enti, se si esclude qualche possibile operazione di “maquillage” sulle aliquote e sulle detrazioni delle imposte e delle tasse; operazioni che sembrano peraltro legate ad una certa fantasia degli amministratori e che alla fine contribuiscono ad aggravare la tipica situazione denominata “giungla fiscale”.

            Inoltre, le aspettative dei cittadini si fanno sempre più pressanti in tema di nuovi servizi o di miglioramento di quelli attuali.

            Come uscire, nel migliore dei modi, da questa situazione che ogni anno che passa diventa sempre più difficile da gestire?

            Certamente attraverso una razionalizzazione dei servizi e della struttura organizzativa, unitamente ad una ridistribuzione delle risorse in funzione delle priorità attuali.

            Facile a dirsi, ma difficile a farsi.

            Ciò nonostante, qualcosa può essere fatto senza tanti stravolgimenti ed è utile farlo già da subito; a mero titolo di esempio, senza alcuna pretesa di fornire soluzioni generiche e valide per tutti, ma invece con l’intento di stimolare un dibattito costruttivo e (ovviamente) migliorativo, si evidenzia qui di seguito alcune considerazioni di massima sulle possibili politiche o manovre del bilancio 2001.

 

1) Ottenere il premio per gli enti virtuosi

 

La prima manovra possibile ed ancora in parte realizzabile pur con l’avvicinarsi della data del 31 dicembre, riguarda la gestione dell’anno 2000:  cercare in tutti i modi di ottenere il premio per gli enti virtuosi secondo le norme del patto di stabilità interno (sconto sugli interessi dei mutui con la Cassa DD. PP.del 05% o del 1%).

Le disposizioni del patto di stabilità non vanno sottovalutate per due ordini di motivi:

 

- per le possibili economie di spesa delle quali potrebbero beneficiare i bilanci degli anni futuri, visto che la riduzione degli interessi passivi corrisponde ad una cifra certamente ragguardevole nella maggioranza degli enti locali;

 

- per le possibili responsabilità derivanti non solo dal disattendere precise disposizioni di legge (art. 28 L. 448/98), ma anche dalla rinuncia del vantaggio patrimoniale pari agli sconti sugli interessi previsti nei confronti degli “enti virtuosi”.

 

2) Attenzione alla gestione di cassa

 

Le succitate norme concernenti il patto di stabilità interno per l’analisi delle quali si rinvia a trattazioni specifiche [6], mettono in luce nuovi vincoli e nuove  problematiche nella redazione del bilancio.

La prima discende dal fatto che il bilancio preventivo è redatto secondo i principi finanziari della “competenza”, mentre le prescrizioni del patto di stabilità riguardano la “cassa”.

In altri termini, gli stanziamenti del bilancio preventivo vengono commisurati ai volumi degli accertamenti e degli impegni che si presume di assumere nell’anno considerato, senza tener conto dei relativi momenti nei quali si trasformeranno in incassi e pagamenti (flussi di cassa); ciò che, al contrario, è necessario predeterminare ai fini della misurazione degli obiettivi da raggiungere secondo le prescrizioni del patto di stabilità interno.

Pertanto, il patto di stabilità impone, di fatto, la formulazione di una specie di bilancio di cassa, seppur molto più semplificato dell’analogo bilancio di cassa obbligatorio nell’ordinamento precedente al D. Lgs. 77/95 [7].

E’ ovvio ritenere che la relazione previsionale e programmatica dovrà fornire adeguate spiegazioni dell’andamento dei flussi di cassa in relazione sia alle previsioni di competenza del bilancio, sia alla gestione residui. Si dovrà dimostrare, ad esempio, che le manovre di bilancio sono sufficienti a garantire il rispetto dei saldi programmatici, evidenziando la regolarità contabile delle previsioni di competenza alla luce dei rispettivi equilibri e vincoli di cassa.

            La rinnovata attenzione alla gestione di cassa di per sé non costituisce una manovra di bilancio; è comunque importante perché, per raggiungere gli obiettivi del patto di stabilità, sono possibili due tipi di azioni, la prima delle quali certamente meno “dolorosa” della seconda:

a) azioni con riflessi esclusivamente sulla gestione di cassa, come ad esempio l’aumento della velocità di incasso delle entrate proprie;

b) azioni con riflessi sia sulla gestione di competenza, che sulla gestione di cassa, come ad esempio l’aumento delle tariffe.             

In ultima analisi, prima di applicare le azioni della seconda fattispecie è bene verificare i margini di manovra della prima [8].

           

3) Possibilità di ridurre il debito nei confronti della Cassa DD PP senza pagare penalità

 

            Un altro aspetto decisamente innovativo da tener conto nelle future politiche di bilancio è l’opportunità di ridurre il debito nei confronti della Cassa DD PP senza pagare penalità.

            Le manovre di bilancio dirette alla diminuzione dell’esposizione debitoria comportano riflessi positivi in due direzioni:

-         a livello di bilancio dell’ente si contraggono le spese per interessi e si permette, di conseguenza, di incrementare le altre spese o di ridurre il prelievo fiscale a carico dei cittadini;

-         a livello nazionale, si favorisce il rientro del debito pubblico negli obiettivi di finanza pubblica stabiliti in sede comunitaria.

Ovviamente per effettuare manovre di rientro del debito servono risorse finanziarie immediatamente disponibili che potrebbero pervenire o dall’alienazione di beni immobili o mobili non più direttamente utilizzati per l’erogazione dei servizi pubblici, o da avanzi di amministrazione (determinati in sede di rendicontazione) o da avanzi di parte corrente (entrate correnti che superano le spese correnti nel bilancio preventivo).

Da rilevare che quest’ultimo caso sembra un po’ raro visto che il prelievo fiscale locale dovrebbe con tutta probabilità, non solo coprire le spese di funzionamento e di gestione dei servizi pubblici (non finanziate dallo Stato), ma anche un “gap” differenziale destinato, già in sede di bilancio preventivo, alla restituzione del capitale preso a prestito.

Infine, se l’ente dispone di consistenti beni patrimoniali, vendibili senza compromettere la gestione dei servizi pubblici, si potrebbe configurare anche un doppio vantaggio: da un lato il rimborso anticipato dei mutui precedentemente contratti comporta rilevanti diminuzioni degli interessi passivi e alleggerisce, di conseguenza la rigidità del bilancio; dall’altro, si potrebbero contrarre nuovi mutui (comunque nei limiti del patto di stabilità) per realizzare nuove opere pubbliche a tassi di interesse decisamente inferiori a quelli pattuiti negli anni ’80 e ’90.

 

4) Rinegoziazione dei mutui con la Cassa DD PP

 

Anche se in linea di massima l’operazione di trasformazione dei mutui già contratti con la Cassa DD PP in nuovi mutui da ammortizzare al tasso vigente (ex art. 61, comma 3, L. 23 dicembre 1998, n. 448; circolare della Cassa DD. PP. 4 luglio 2000, n. 1239, G.U. n. 163 del 14/7/00) sembra non molto appetibile, è opportuno che ogni ente provveda ad effettuare le analisi e le simulazioni del caso per valutare l’effettiva convenienza.

 

5) Gli ammortamenti nel bilancio preventivo

 

Nel bilancio 2001 dovranno essere inseriti gli ammortamenti nelle percentuali e nei valori indicati dall’ordinamento finanziario e contabile.

E’ importante sottolineare che, contrariamente a quello che molti fanno credere, la cifra complessiva degli ammortamenti da inserire nel bilancio non raggiunge, di norma, importi ragguardevoli, se rapportati ai totali della spesa corrente. Pertanto, non sembrano giustificate le ipotesi allarmistiche che attribuiscono agli ammortamenti la causa delle difficoltà di far quadrare il bilancio.

            Al contrario, si dovrebbe invece programmare a medio termine il riutilizzo delle risorse accantonate per ammortamenti, alleggerendo le spese correnti e creando quel meccanismo di autofinanziamento ritenuto insostituibile nel settore delle imprese.

 

6) Applicare tecniche di zero base budgeting

 

In un contesto nel quale le risorse scarseggiano per finanziare tutti gli interventi urgenti e necessari, la via da seguire è una sola e passa attraverso la ridefinizione delle priorità di tutte le attività poste in essere. Ciò allo scopo di gestire al meglio le risorse attualmente disponibili.

Rimettere in discussione tutto quello che si fa in sede di programmazione è denominato nel settore aziendale “zero base budgeting”

 

7) Valutare tutte le possibilità di finanziamento degli investimenti

 

            Anche se la contrazione di mutui è ancora il mezzo di finanziamento degli investimenti più comune, non bisogna escutere a priori (specie nei piccoli comuni) la possibilità di accedere a forme di finanziamento alternative: il project financing, i b.o.c., le alienazioni patrimoniali, le sponsorizzazioni, gli ammortamenti, ecc..

 

8) Recupero della base imponibile di imposte e tasse

 

            E’ una manovra di bilancio “classica”, ma sempre auspicabile ed il più delle volte molto efficace. Attenzione comunque a porre in essere azioni di recupero effettive e non “di facciata” altrimenti, fra le altre cose, potrebbe risentirne anche la veridicità e l’attendibilità del bilancio, con tutte le conseguenze del caso.

 

9) Manovre dirette ad aumentare l’efficienza gestionale

 

            Anche tutte le manovre dirette a ridurre sprechi di risorse e costi di gestione possono essere definite “classiche”. La difficoltà resta comunque l’individuazione delle aree di miglioramento; a ciò deve essere prioritariamente indirizzata l’attività del controllo di gestione e del nucleo di valutazione.

 

10) Gestire l’organizzazione e guidare le risorse umane verso le priorità dell’Amministrazione

 

            Gestire l’organizzazione e le risorse umane in sintonia con i programmi e le priorità dell’Amministrazione è  certamente una delle cose più difficili specie negli enti locali dove la grande diversità della tipologia dei servizi erogati ai cittadini, delle problematiche e delle professionalità degli addetti fanno si che anche i piccoli comuni rientrano, di fatto, nella fattispecie delle organizzazioni complesse.

            Ciò non toglie che questa sia forse l’unica vera strada per ottenere miglioramenti tangibili e duraturi.

Il rischio è, come purtroppo accade sovente, la banalizzazione di tali problematiche per mancanza di adeguate professionalità.

L’effettivo utilizzo delle potenzialità dell’organizzazione e delle risorse umane si nota dalla “qualità” degli obiettivi espressi nella relazione previsionale e programmatica e nel P.E.G.: l’assenza o la carenza di obiettivi precisi, chiari, quantificabili, responsabilizzanti, migliorativi sia dell’efficacia che dell’efficienza denotano ampie  possibilità di miglioramento.

 

11) Make or buy?

 

            L’esternalizzazione dei servizi può essere una grande opportunità per l’Amministrazione, ammesso che si calcoli e si valuti per bene la convenienza delle operazioni non solo sotto il profilo dell’efficacia, ma anche secondo le logiche economiche dell’efficienza e dell’economicità [9].

 

 

 



[1] Artt. 39 e segg. del D. Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77. Per approfondimenti si veda Bellesia M., Il controllo interno di gestione: un manuale per gli enti locali, Casa Editrice CEL, Gorle BG, 1997, in corso di ristampa.

[2] E’ da osservare che l’art. 1, comma 3, del D. Lgs. 286/99,  stabiliva che gli enti locali “possono” adeguare le proprie normative regolamentari “nel rispetto dei propri ordinamenti generali e delle norme concernenti l’ordinamento finanziario e contabile”; tale norma è parzialmente superata dall’art. 147 del T.U. che prevede: “l’organizzazione dei controlli interni è effettuata dagli enti locali anche in deroga agli altri principi di cui all’art. 1, comma 2 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286”

[3] Da evidenziare anche l’obbligatorietà dei principi contabili che impongono l’elaborazione di un bilancio annuale e pluriennale veritiero e rispettoso dei vincoli di legge in tema di finanziamento degli investimenti; gli stessi principi impongono anche l’attendibilità delle previsioni in riferimento alle reali potenzialità del bilancio, tenuto conto, fra l’altro, di tutti gli oneri indotti conseguenti la realizzazione delle opere pubbliche e degli altri investimenti. Si veda per approfondimenti Bellesia M., Enti locali. Analisi di bilancio, IPSOA, Milano, 1998.   

[4] Le modalità sono indicate nel D.M. 1/8/2000

[5] Art. 28, comma 3, L. 23/12/98, n. 448; Circolari 26/3/99 n. 1/99, 13 ottobre 1999 n. 2 del Ministero del Tesoro del Bilancio e della Programmazione Economica.

[6] Si veda per approfondimenti: Bellesia M., Marani Andrea, Il patto di stabilità interno per gli enti locali, Casa Editrice CEL, Gorle (Bg), 2000.

[7] D.P.R. 421/79.

[8] Circa le azioni per raggiungere gli obiettivi del patto di stabilità il legislatore fornisce una ampia gamma di ipotesi, che si riportano qui di seguito a titolo di esempio.

Art. 28, comma 2, L. 23/12/98, n. 448:

a) perseguimento di obiettivi di efficienza, aumento della produttività e riduzione dei costi nella gestione dei servizi pubblici e delle attività di propria competenza;

b) contenimento del tasso di crescita della spesa corrente rispetto ai valori degli anni precedenti;

c) potenziamento delle attività di accertamento dei tributi propri ai fini di aumentare la base imponibile;

d) aumento del ricorso al finanziamento a mezzo prezzi e tariffe dei servizi pubblici a domanda individuale;

e) dismissione di immobili di proprietà non funzionali allo svolgimento della attività istituzionale.

Art. 30, comma 8, legge 23 dicembre 1999, n. 488:

a) ridurre la spesa per il personale, ai sensi di quanto previsto dall'articolo 39, commi 19 e 20-bis, della legge 27 dicembre 1997, n.449, e successive modificazioni;

b) limitare il ricorso ai contratti stipulati al di fuori della dotazione organica ed alle consulenze esterne, laddove tali iniziative siano previste dai rispettivi ordinamenti, e procedere alla soppressione degli organismi collegiali non ritenuti indispensabili, ai sensi dell'articolo 41, comma 1, della legge 27 dicembre 1997, n.449;

c) sviluppare le iniziative per la stipula di contratti di sponsorizzazione, accordi e convenzioni previsti dall'articolo 43 della legge 27 dicembre 1997, n.449, allo scopo di realizzare maggiori economie nella gestione;

d) ridurre il ricorso all'affidamento diretto di servizi pubblici locali a società controllate o ad aziende speciali ed al rinnovo delle concessioni di tali servizi senza il previo espletamento di un'apposita gara di evidenza pubblica;

e) sviluppare iniziative per il ricorso, negli acquisti di beni e servizi, alla formula del contratto a risultato, di cui alla norma UNI 10685, rispondente al principio di efficienza ed economicità di cui all'articolo 4, comma 3, lettera c), della legge 15 marzo 1997, n.59".

f) procedere alla liberalizzazione del mercato dei servizi pubblici, rimuovendo gli ostacoli all'accesso di nuovi soggetti privati e promuovendo lo sviluppo dei servizi pubblici locali mediante l'utilizzo di tecniche di finanziamento con ricorso esclusivo a capitali privati;

g) utilizzare a fini di reinvestimento le somme accantonate per ammortamento di beni, in base alle disposizioni dell'articolo 9, comma 1, e dell'articolo 117, comma 1, del decreto legislativo 25 febbraio 1995, n. 77, la cui obbligatoria applicazione decorre dall'esercizio finanziario 2001, salva la facoltà degli enti locali di anticiparla fin dall'esercizio 2000. Restano fermi i valori percentuali relativi alla determinazione degli importi degli ammortamenti, di cui al citato articolo 117, comma 1.”

Le problematiche concernenti le azioni da perseguire derivano dal fatto che sono menzionate dal legislatore solamente le “azioni virtuose” mentre nulla si dice su quelle “meno virtuose” che consistono nel ritardare i pagamenti; bisogna comunque rilevare che quest’ultima fattispecie, pur comportando un immediato miglioramento dei saldi finanziari, non può essere considerata in ogni caso un valido espediente, essendo destinata a ridurre inevitabilmente la propria efficacia nel medio periodo poiché il rallentamento nei pagamenti non può durate all’infinito; inoltre tale situazione si ripercuoterebbe negativamente con l’aumento dei costi degli appalti e delle forniture.

 

[9] Per approfondimenti sulle tematiche finanziarie e contabili del presente articolo si veda Bellesia M., Nuovo manuale di contabilità per gli enti locali, Collana Editoriale ANCI, Casa Editrice CEL, Gorle (Bg), 1999. Aggiornamento on line al sito www.bellesiamauro.it