GUIDA  OPERATIVA ALL’ANALISI DELLA CONVENIENZA DEI NUOVI  STRUMENTI  FINANZIARI-GESTIONALI  PER  GLI  ENTI  LOCALI

 

a cura di Mauro Bellesia

 

Scaricabile gratuitamente dal sito www.bellesiamauro.it

Copyright febbraio 2003

 

 

* * * INDICE * * *

 

- Introduzione

- Il quadro normativo generale

- Le rinegoziazioni e le estinzioni anticipate dei mutui

- Le devoluzioni dei mutui

- I mutui con diritto di estinzione anticipata alla pari

- I mutui di tipo bullet

- Il fondo rotativo per la progettualità

- Le operazioni di interest rate swap

- I prestiti obbligazionari

- Il project financing

- Il leasing

- La cessione dei crediti tributari

- La cessione dei crediti non tributari

- Le cartolarizzazioni

- Il factoring

- L’apertura di credito bancario

- Le sponsorizzazioni

- L’outsourcing

 

 

 

* * * INTRODUZIONE * * *

 

Le possibilità di accedere a nuove forme di finanziamento o di rimodulare le condizioni del proprio indebitamento sono notevolmente aumentate negli ultimi anni.

 

Tali possibilità, che sotto il profilo gestionale debbono essere considerate vere e proprie “opportunità”, interessano ormai anche i medio-piccoli comuni, in quanto si stanno gradualmente abbassando le soglie minime di convenienza di molte delle nuove operazioni finanziarie.

 

La presente guida nasce per offrire una sintetica panoramica delle nuove “opportunità” degli enti locali sottolineando, per ciascun strumento o operazione, la definizione, le finalità, le modalità e, soprattutto, gli elementi da considerare per l’analisi della convenienza.

 

 

 

* * * IL QUADRO NORMATIVO GENERALE * * *

 

Le possibilità di utilizzo di nuovi strumenti finanziari ed il loro sviluppo degli ultimi anni,  deriva dalla seguente evoluzione normativa:

 

a)   l’art. 42 del D. Lgs. 77/95, ora art. 199 del Tuel, elenca fra le fonti di finanziamento degli investimenti, oltre ai mutui, anche “altre forme di ricorso al mercato finanziario consentite dalla legge” e ciò rappresenta sicuramente un grande passo in avanti rispetto alla tanto auspicata autonomia finanziaria degli enti locali. 

 

La liberalizzazione dell’accesso al credito è peraltro rafforzata dal fatto che l’art. 199 del Tuel può essere disapplicato dal regolamento di contabilità, se lo stesso introduce una differente disciplina, ai sensi dell’art. 152, comma 4, dello stesso Tuel; questo induce a ritenere che ormai gli enti locali possono liberamente scegliere le varie opportunità che il mercato dei capitali offre di volta in volta, fermi restando i limiti all’indebitamento ed i controlli interni ed esterni, che necessariamente devono seguire di pari passo;

 

b)   la possibilità di indebitarsi solo per finanziare investimenti è confermata dalla nuova formulazione dell’art. 119 della Costituzione (art. 5, LC 3/2001; ex art. 44 del D. Lgs. 77/95 ora art. 202 del Tuel); la norma non va intesa in senso letterale-restrittivo dal momento che sono ammissibili anche le operazioni di rimodulazione del proprio residuo debito;

 

c)   la legge finanziaria 2002, art. 41 L. 28 dicembre 2001, n. 448 introduce ulteriori elementi di novità, fra i quali si ricorda:

-  il coordinamento dell’accesso al  mercato dei capitali da parte del Ministero dell’economia e delle finanze;

-  la possibilità di contrarre mutui e prestiti obbligazionari di tipo bullet;

-  l’espressa citazione (per la prima volta) della possibilità di concludere operazioni di swap per l’ammortamento del debito;

-  la conversione dei mutui contratti dopo il 31/12/96 con nuove emissioni di boc, rinegoziazioni e altre forme che saranno chiarite dalla normativa attuativa.

 

Pertanto, constatate le aperture normative, sembra realisticamente ipotizzabile per il futuro un grande sviluppo dei nuovi strumenti finanziari e parimenti una crescente diffusione della consapevolezza dell’importanza della gestione dell’indebitamento.

 

 

 

* * * LE RINEGOZIAZIONI E LE ESTINZIONI ANTICIPATE DEI MUTUI * * *

 

 

   Definizione

 

a)  L’operazione di rinegoziazione dei mutui è finalizzata a rimodulare i tassi e i rimborsi di capitale, oppure altre condizioni dei prestiti precedentemente contratti.

 

b)  L’operazione di estinzione anticipata dei mutui consente di estinguere prima della scadenza il mutuo, rimborsando all’istituto mutuante il residuo debito più, di norma, un indennizzo.

 

   Modalità

 

Le possibilità e le modalità operative delle rinegoziazioni e delle estinzioni anticipate sono fissate dai singoli istituti mutuanti.

 

   Analisi della convenienza

 

Le rinegoziazioni o le estinzioni anticipate possono derivare da molteplici scopi:

 

-  in regime di tassi calanti può essere particolarmente conveniente rinegoziare o estinguere tutto o parte del proprio residuo debito creando, con ciò, nuovi margini di indebitamento a tassi più bassi;

 

- la presenza di rilevanti entrate patrimoniali (ad esempio, alienazioni o disinvestimenti), di  avanzi di parte corrente (entrate correnti superiori alle spese correnti) o di avanzi di amministrazione particolarmente rilevanti, nonché la concomitante impossibilità di immediato utilizzo di tali somme per opere pubbliche o altri investimenti, possono rendere particolarmente conveniente l’estinzione anticipata dei mutui;

 

- la presenza di vincoli o di norme tendenti a ridurre il residuo debito (ad esempio, il patto di stabilità interno).

 

Gli effetti a medio termine dell’estinzione anticipata sono:

 

- miglioramento della situazione e degli equilibri patrimoniali;

 

- alleggerimento della situazione di parte corrente del bilancio finanziario per minori spese derivanti dagli interessi passivi (allocati nel titolo I di spesa) e dai rimborsi di capitale (allocati nel titolo III).

 

Gli elementi principali necessari alla valutazione della convenienza sono:

 

-  la tipologia (fisso o variabile) ed i livelli dei tassi di interesse del proprio residuo debito in ammortamento;

 

-  le condizioni del mercato finanziario attuali e future;

 

-  i costi dell’operazione.

 

 

   Le fattispecie specifiche

 

1.   Rinegoziazione Cassa DD PP del 1996

 

(Art. 5, comma 6, D.L. 444/1995, convertito con modificazioni nella L. 20 dicembre 1995, n. 539)

 

La norma prevedeva la possibilità di rinegoziare il residuo debito dei mutui contratti per opere pubbliche e altri investimenti.

 

In applicazione della succitata norma, la Cassa DD PP, principale istituto finanziatore degli enti locali, fissava per i propri mutui alcune regole applicative, fra le quali si ricorda la scadenza dell’operazione al 31 marzo 1996, l’impossibilità di effettuare l’operazione sui singoli mutui, ma solo sul complesso dei mutui in essere, la contrazione di un nuovo mutuo ventennale a tasso fisso al 9% annuo (successivamente il tasso del 9% è stato ridotto). 

 

Gli effetti finanziari dell’operazione permettevano nel breve periodo e nella maggioranza dei casi, un alleggerimento significativo della situazione di parte corrente del bilancio finanziario, in quanto l’allungamento della durata di ammortamento comportava una riduzione del complesso delle rate di ammortamento (interessi + capitale), ma produceva contemporaneamente un effetto negativo a distanza di quattro o cinque anni a causa della riduzione del contributo erariale “fondo sviluppo investimenti” (erogato in conto rate di ammortamento dei mutui e commisurato alla durata originaria dei mutui precedentemente contratti).

 

La convenienza dell’operazione, peraltro effettuata dalla maggioranza dei comuni, risiedeva nell’opportunità di utilizzare le risorse di parte corrente liberate dall’operazione stessa per il finanziamento di investimenti immediatamente cantierabili.

 

Numerosi autori, fra cui il sottoscritto, sottolinearono la necessità di utilizzare le risorse liberate per finanziare investimenti e non spese correnti; infatti, quest’ultima ipotesi era certamente discutibile in ordine alla conformità ai principi contabili in quanto si utilizzava una entrata straordinaria per finanziare costi della gestione corrente ed  avrebbe inevitabilmente prodotto conseguenze negative sul mantenimento nel tempo degli equilibri di bilancio per effetto della mancata rimodulazione del fondo sviluppo investimenti.

 

L’operazione di rinegoziazione effettuata nel 1996 ha generato un sostanziale allungamento del debito degli enti locali; tuttavia ora risulta possibile limitare gli effetti negativi affiancando una operazione di swap o effettuando una estinzione anticipata secondo le modalità di legge.

 

Anche l’Inpdap, così come la Cassa DD PP, ha emanato disposizioni in merito alla rinegoziazione dei propri mutui concessi agli enti locali (circolare n. VIII del 24/9/99, G.U. n. 233 del 4/10/99).

 

 

2.   Estinzione anticipata 1998-2005

 

(Art. 49, comma 15, L. 27 dicembre 1997, n. 449; circolare Ministero del Tesoro 2 settembre 1998, n. 26549)

 

La norma prevede la possibilità da parte dei comuni di estinguere le passività onerose derivanti dai mutui in essere al 31/12/96 mediante la contrazione di nuovi mutui di importo non superiore al 25% del residuo debito alla fine dell’anno precedente.

 

L’estinzione può avvenire anche mediante entrate in conto capitale e prevede il pagamento di un indezzizzo agli istituti mutuanti.

 

Bisogna peraltro sottolineare che tale fattispecie di estinzione è stata molto contestata dall’ABI nell’interpretazione del Ministero che configurava una specie di diritto potestativo unilaterale in capo agli enti locali.

 

 

3.   Trasformazione dei mutui Cassa DD PP

 

(Art. 61, comma 3, L. 23 dicembre 1998, n. 448; circolare Cassa DD PP 4 luglio 2000, n. 1239)

 

La norma prevede la possibilità da parte dell’ente locale di trasformare, una sola volta, mutui o quote di mutuo già concessi dalla Cassa DD PP alla data del 1/1/1999.

L’operazione si può effettuare una sola volta per ciascun mutuo ed avviene creando un nuovo mutuo al tasso vigente dell’importo del residuo debito in essere più l’indennizzo previsto dalla legge.

 

Questa fattispecie di rinegoziazione non appare, in linea di massima, conveniente, né in linea con i principi contabili per due motivi:

- per le limitazioni esistenti,

- per il fatto che l’indennizzo diviene a tutti gli effetti nuovo capitale da ammortizzare, i cui costi sono rinviati agli esercizi futuri.

 

 

4.   Estinzione agevolata per il rispetto del patto di stabilità interno

 

(Art. 28, comma 3, L. 23 dicembre 1998, n. 448)

 

La presente norma consente agli enti che presentano al Ministero del tesoro piani finanziari almeno quinquennali di progressiva e continuativa riduzione del rapporto tra il proprio ammontare di debito e il PIL, di poter rimborsare anticipatamente i prestiti contratti con la Cassa DD PP senza oneri aggiuntivi oltre a quelli del rimborso del residuo debito.

 

La successiva circolare 26/3/99 n. 1/99 del Ministero del Tesoro chiarisce che la riduzione del rapporto debito residuo/PIL risultante dal piano finanziario debba essere di almeno il 10 per cento nell’arco del quinquennio.

 

Il piano finanziario che dimostra la riduzione del debito residuo deve essere approvato con deliberazione consiliare ed è accompagnato da una relazione illustrativa (per approfondimenti si rinvia alla circolare 26/3/99 n. 1/99 del Ministero del Tesoro del Bilancio e della Programmazione economica).

 

E’ previsto un monitoraggio specifico sulle previsioni contenute nel piano finanziario da parte della Cassa DD PP; la mancata realizzazione degli obiettivi comporta il pagamento di una penale da corrispondere in tre anni, anche mediante riduzione dei trasferimenti erariali.

 

L’iter si avvia con una domanda di estinzione anticipata da presentarsi entro il 31 marzo al Ministero del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione Economica.

 

Per gli enti che dispongono di risorse da destinare a tale fattispecie di estinzione anticipata, l’operazione appare molto conveniente in quanto non si deve corrispondere alcun indennizzo.

 

5.   Rinegoziazione dei mutui edilizi agevolati

 

Art. 29, L. 13 maggio 1999, n. 133; D.M. 24 marzo 2000, n. 110

 

Vista la fattispecie particolarmente specifica si rinvia alla normativa succitata.

 

 

6 – Conversione  ex art. 41 della legge finanziaria 2002

L’art. 41 della L. 448/2001 prevede la possibilità, fermo restando quanto previsto nelle relative pattuizioni contrattuali, di convertire i mutui contratti successivamente al 31 dicembre 1996, anche mediante il collocamento di titoli obbligazionari di nuova emissione o rinegoziazioni, anche con altri istituti, dei mutui.

 

Un decreto del Ministro dell’Economia e delle finanze chiarirà le modalità operative.

 

 

 

* * * LE DEVOLUZIONI DEI MUTUI * * *

 

La devoluzione (o novazione oggettiva) dei mutui precedentemente contratti e non utilizzati non è di certo catalogabile tra i nuovi strumenti finanziari, tuttavia si ritiene di evidenziarla nel presente contesto come una delle possibili manovre finanziarie realizzabili, ovviamente, nel caso vi siano economie di spesa rispetto alle previsioni originarie o vi siano difficoltà nel portare avanti opere o altri investimenti già programmati.

 

Tale fattispecie lascia invariate le originarie condizioni di indebitamento e comporta solamente il cambio della destinazione da un’opera ad un’altra (Circ. Cassa DD PP 1227/98 e 1232/99).

 

I costi sono generalmente nulli o del tutto irrilevanti.

 

Fra le altre possibilità simili, finalizzate all’aumento dell’efficienza nell’utilizzo delle risorse disponibili, si ricorda l’accorpamento dei residui provenienti da economie di vari mutui, per il finanziamento di nuove opere.

 

 

 

* * * I MUTUI CON DIRITTO DI ESTINZIONE ANTICIPATA ALLA PARI * * *

 

L’art. 2 del D.M. Tesoro 16/2/1999 ha introdotto la tipologia dei mutui a tasso fisso con diritto di estinzione parziale anticipata alla pari.

 

La scelta di tale forma di finanziamento, pur scontando un tasso di interesse maggiorato, può essere una validissima alternativa di finanziamento degli investimenti, specie se si prevede per il futuro l’acquisizioni di rilevanti entrate patrimoniali utilizzabili per la riduzione del residuo debito.

 

“Alla pari” significa diritto ad estinguere il mutuo senza pagare alcun indennizzo all’istituto mutuante.

 

Per approfondimenti si rinvia alla Circ. Cassa DD PP n. 1232/99.

 

 

 

* * * I MUTUI DI TIPO BULLET * * *

 

L’art. 41 della legge finanziaria per l’anno 2002, L. 448/2001, prevede la possibilità di contrarre mutui o emettere titoli obbligazionari con rimborso del capitale preso a prestito in una unica soluzione alla scadenza (tipo bullet), mentre in precedenza era ammissibile solo il metodo cosiddetto alla francese, secondo il quale ciascuna rata di ammortamento del prestito comprende una quota di interessi ed una quota di rimborso di capitale.

 

Il fatto di restituire tutto il capitale alla scadenza impone l’accantonamento di un fondo, anno per anno, oppure la sottoscrizione di una operazione di swap.

 

Il vantaggio di tali operazioni è legato alle effettive possibilità di utilizzo delle giacenze in modo remunerativo, al di fuori del regime di tesoreria unica.

 

 

 

* * * IL FONDO ROTATIVO PER LA PROGETTUALITA’ * * *

 

(Art. 1, commi da 54 a 58, della L. 28 dicembre 1995, n. 549 come modificato dall'art. 8 del D.L. 25 marzo 1997, n. 67 convertito, con modificazioni, dalla L. 23 maggio 1997, n. 135;  art. 4, comma 8 della legge 17 maggio 1999, n. 144. Circolare CDP n. 1245 del novembre 2001)

 

  Caratteristiche e scopi

 

L’utilizzo del fondo rotativo per la progettualità, istituito con la L. 549/1995, si configura sostanzialmente come una operazione di anticipazione in quanto consente il finanziamento (e quindi la copertura finanziaria) delle spese per studi di fattibilità, progetti preliminare, definitivo ed esecutivo di un’opera che sarà successivamente ed integralmente finanziata (comprese le spese progettuali) con un mutuo della Cassa DD PP.

 

Il Fondo, istituito con lo scopo di accelerare l’iter progettuale, opera sull'intero territorio nazionale e prevede la priorità per i progetti finalizzati alla realizzazione di interventi ammessi al cofinanziamento comunitario.

 

  Modalità di accesso

 

Le condizioni sono estremamente favorevoli: nessun onere per interessi, in quanto la norma prevede che gli stessi siano posti a carico del bilancio dello Stato.

 

L’importo minimo della singola opera o dell’insieme di opere da realizzare è di 500.000 euro, ridotto a 100.000 euro per i comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti. Tale importo è riferito alle voci di costo per lavori e forniture. La misura dell'anticipazione non può superare il 10% delle suddette voci di costo.

 

È dovuta, invece - a titolo di rimborso spese di amministrazione sostenute dalla Cassa DD PP - una commissione pari allo 0,5%, calcolato sulle somme che saranno state complessivamente erogate.

 

La procedura di concessione è di tipo "accelerato", in quanto viene fornita direttamente la concessione definitiva entro 15-20 giorni dall'arrivo della richiesta documentata.

 

Il rimborso dell'anticipazione avviene a seguito del perfezionamento del mutuo necessario per la realizzazione dell’opera  e comunque nel termine di cinque anni dalla data della prima erogazione, ridotto a quattro nel caso in cui la stessa sia finalizzata alla progettazione definitiva e/o esecutiva.

 

  Analisi della convenienza

 

La convenienza dell’utilizzo del presente fondo di rotazione risiede in due elementi principali:

 

a)   alleggerisce le spese correnti, che di solito contengono in tutto o in parte le spese progettuali per incarichi esterni;

 

b)   non costa nulla (tranne la commissione del 0,5%) perché non si pagano interessi passivi e perché la restituzione avviene al momento del perfezionamento del mutuo per l’intera opera (comprese le spese di progettazione finanziate con l’anticipazione).

 

 

 

* * * LE OPERAZIONI DI INTEREST RATE SWAP * * *

 

La legge finanziaria 2002, art. 41 L. 448/2001, dispone espressamente che gli enti locali possono effettuare operazioni di swap (baratto – scambio).

 

L’operazione di swap, ben conosciuta nel settore privato, è la più diffusa fra gli “strumenti finanziari derivati” e si applica nei confronti degli enti locali perlopiù nella fattispecie definita “interest rate swap”, ovvero una operazione di swap che riguarda i flussi monetari dei tassi di interesse che l’ente paga agli istituti mutuanti.

 

   Definizione

 

E’ una operazione finanziaria tra ente e banca che concordano di scambiarsi, per un periodo prefissato e date prestabilite, il differenziale sui flussi di interesse predeterminati e calcolati su un determinato capitale detto capitale nozionale.

 

I contratti di mutuo o di altri prestiti sottostanti non vengono minimamente modificati.

 

   Componenti fondamentali

 

Le componenti fondamentali del contratto di interest rate swap sono:

 

-  capitale di riferimento o capitale nominale sul quale vengono calcolati gli interessi (notional amount). Tale capitale può essere sia costante che variabile per la durata del contratto;

 

- data di stipula del contratto (trade date);

 

- data di inizio (effective date);

 

- data di scadenza (termination date);

 

- durata (term o tenor);

 

- date di pagamento, ossia le date intermedie nelle quali vengono scambiati gli interessi (payament date);

 

- pagamenti, ossia i flussi di interesse a tasso variabile (floting amount) e a tasso fisso (fixed amount) che vengono scambiati alle date di pagamento; i pagamenti sono effettuati al netto, ovvero viene regolato tra le parti il flusso netto degli interessi.

 

   Modalità

 

Di solito negli enti locali l’operazione di swap è finalizzata alla trasformazione di finanziamenti da tasso fisso a tasso variabile. In questo modo l’ente locale può rendere il proprio debito dinamico.

 

Le controparti si definiscono:

 

-  fixed rate payer, la parte che paga in base al tasso fisso;

 

-  floting rate payer, la parte che paga in base al tasso variabile.

 

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Esempio:

 

“Banca A” e “Comune B” stipulano un contratto interest rate swap, su un residuo debito di euro 20.000.000 (per semplicità è tenuto costante), per la durata di 10 anni; tasso fisso 6%; periodo semestrale;  tasso variabile K.

 

                            <==  tasso variabile K  x 20.000.000 <==

                                                                                   

    “Banca A”                                                                                 “Comune B”

fixed rate payer                                                                          floting rate payer  

 

                              ==> tasso fisso 6% x 20.000.000  ==>

 

 

se    tasso variabile K   >   6%,

“Banca A” incassa il differenziale (tasso variabile K – 6%) da “Comune B”

 

 

se    tasso variabile K   <   6%,

“Comune B” incassa il differenziale (6% - tasso variabile K) da “Banca A”

 

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In realtà le operazioni sono ben più complesse dell’esempio riportato solo per evidenziare la logica del contratto interest rate swap; ad esempio, il tasso di interesse variabile (K) può essere determinato in vari modi: di norma si basa sull’euribor (euro interbank offered rate) eventualmente maggiorato di commissioni (spread). Inoltre si possono aggiungere limitazioni dei rischi di oscillazione dei tassi (interest rate cap, floor e collar) ed altre clausole.

 

 

   Fondo rischi

 

Anche se la struttura del bilancio (D.P.R. 194/96) non lo consente, almeno apparentemente, sembra doveroso consigliare la costituzione di un fondo rischi alimentato da una parte delle risorse risparmiate nel breve periodo mediante il contratto di swap; l’utilizzo del fondo avviene nell’eventualità l’andamento dei tassi di interesse comporti nel futuro una situazione negativa per l’ente.

 

  Analisi della convenienza

 

La valutazione della convenienza delle operazioni di swap si presenta decisamente complessa per vari motivi:

 

- il primo elemento da valutare è senz’altro legato alle finalità delle operazioni di swap, che nell’ente locale consistono, perlopiù, nell’opportunità di trasformare le condizioni del proprio debito da tasso fisso a tasso variabile: ciò risulta particolarmente conveniente se si prevede nel medio periodo un andamento del mercato finanziario con tassi variabili più bassi;

 

- il secondo elemento è sicuramente l’analisi del rischio dell’operazione, in quanto si potrebbe verificare nel futuro una situazione (contrariamente alle previsioni iniziali) negativa per l’ente, ovvero che lo stesso paghi un tasso di interesse superiore rispetto alla situazione di partenza. Sono peraltro disponibili vari strumenti correlati che limitano il rischio di oscillazione dei tassi, ma che comunque incidono nella convenienza dell’operazione complessiva. Anche la costituzione di un fondo rischi nel bilancio dell’ente rientra nell’analisi complessiva del rischio.

 

- le eventuali penalità o altre spese nel caso di rescissione anticipata dal contratto;

 

-  in presenza di più offerte, è opportuno richiedere alcune condizioni uniformi come, ad esempio, la durata, la trasformazione da tasso fisso in variabile, le condizioni per limitare il rischio di oscillazione dei tassi, ecc.; ciò per evidenti necessità di rendere il più possibile omogenei i raffronti;

 

- infine la valutazione della convenienza dell’operazione di swap deve necessariamente estendersi alla convenienza delle altre operazioni più o meno alternative (rinegoziazioni, trasformazioni, estinzioni anticipate), nonché alle eventuali limitazioni derivanti dall’adozione dello swap.

 

 

 

* * * I PRESTITI OBBLIGAZIONARI * * *

 

(art. 35 della legge 23 dicembre 1994, n. 724; D.M. 5 luglio 1996, n. 420, G.U. 13.8.1996, n. 189)

 

   Soggetti autorizzati

 

I soggetti che possono emettere titoli obbligazionari sono, ai sensi del primo comma dell’art. 35 della legge n. 724/1994 le Regioni, i Comuni, le Province, le Città metropolitane, le Unioni di comuni, le Comunità montane ed i Consorzi locali; per questi ultimi tre enti, la facoltà è subordinata all’autorizzazione degli enti partecipanti.

 

   Scopi e caratteristiche fondamentali

 

Così come i mutui, anche l’emissione di titoli obbligazionari costituisce una forma di indebitamento e rientra a tutti gli effetti nei limiti di indebitamento previsti dall’ordinamento finanziario e contabile.

 

Inoltre, le obbligazioni locali, denominate usualmente con sigle che indicano le tipologie dei soggetti emittenti (buoni ordinari locali B.O.L., B.O.C. comunali, B.O.R. regionali e così via, d’ora in avanti indicati con la sigla B.O.C. per semplicità) devono essere emesse a fronte di un preciso investimento, nel rispetto del principio generale indicato, fra l’altro, anche nell’art. 119 della Costituzione.

 

La legge finanziaria per l’anno 2002 prevede anche l’emissioni di B.O.C. per rimodulare il proprio residuo debito.

 

Innanzitutto, bisogna evidenziare che l’obiettivo originario del legislatore di creare una forma alternativa di finanziamento degli investimenti in grado di creare un legame più stretto tra amministrazione e propri cittadini focalizzato su qualche opera particolarmente importante nel territorio, è sostanzialmente fallito, visto che tutte le emissioni finora poste in essere sono state effettuate “a fermo”; a fermo significa con una unica controparte (intermediario finanziario) che acquista tutto il pacchetto di titoli emessi e che, così facendo permette una notevole riduzione dei costi di emissione da parte dell’ente.

 

Pertanto, l’emissione di B.O.C. è di fatto divenuta nelle esperienze finora effettuate una mera forma di indebitamento per investimenti, al pari dell’assunzione di mutui e come tale va considerata nell’ambito della gestione finanziaria dell’ente.

 

   Tipologie delle spese finanziabili

 

In sintonia con le disposizioni della legge Merloni (art. 14 legge n. 109) che prevede, fra l’altro, l’approvazione in sede di bilancio preventivo dell’elenco annuale delle opere e dei lavori pubblici, previa approvazione dei singoli progetti preliminari laddove necessario, risulta possibile l’emissione di prestiti obbligazionari sia riguardo una singola opera sia riguardo all’intero piano annuale.

 

Può anche essere ipotizzata l’emissione obbligazionaria con riferimento all’intero programma triennale, allegato al bilancio pluriennale; tuttavia, è necessario che l’effettiva emissione e collocamento dei titoli avvenga nei riguardi delle opere pubbliche previste nell’elenco annuale e sia preceduta dall’approvazione del bilancio annuale di previsione.

 

Il ricavato netto dell’emissione deve essere pari alla somma prevista nel quadro economico del progetto o delle acquisizioni che si intendono effettuare. In caso di concorso di altre fonti di finanziamento, l’emissione obbligazionaria può essere effettuata solo per la quota non coperta da altre fonti.

 

Se l’intervento riguarda servizi a rilevanza imprenditoriale, è necessaria l’approvazione  preventiva del piano economico-finanziario, di cui all’art. 201, comma 2, del Tuel.

 

   Condizioni per l’emissione di titoli obbligazionari

 

Le condizioni preliminari per l’emissione di B.O.C. sono:

 

-   l’ente non deve essere in stato di dissesto o in situazioni strutturalmente deficitarie (D.L. 18 gennaio 1993, n. 8, art. 20, convertito nella L. 19 marzo 1993, n. 68);

 

-   il rendiconto del penultimo esercizio non deve presentare un disavanzo di amministrazione;

 

-   deve essere stato deliberato il bilancio preventivo con la previsione dell’emissione obbligazionaria ed i relativi stanziamenti pluriennali;

 

-   è necessario approvare preventivamente il progetto o piano esecutivo dell’investimento (art. 1, comma 1, DM 420/96);

 

-   nel caso in cui l’investimento rientri nell’ambito di applicazione della normativa di cui all’art. 201 del T.U. n. 267, deve essere preventivamente approvato anche il relativo piano economico-finanziario;

 

-   rispetto del limite di indebitamento (art. 204, comma 1, Tuel);

 

   Modalità

 

-   l’importo nominale del prestito non può essere superiore all’ammontare degli investimenti da realizzare;

 

-   la durata non inferiore a 5 anni;

 

-   c’è la possibilità di abbinamento a warrant o convertibilità in azioni di società possedute dall’ente;

 

-  il collocamento avviene alla pari;

 

-  la cedola è fissa o variabile con cadenze trimestrale, semestrale o annuale;

 

- il rendimento effettivo lordo non può superare di oltre un punto percentuale quello dei corrispondenti titoli di Stato;

 

-   il rimborso del capitale avviene dalla prima cedola, secondo il piano di ammortamento a rata comprensiva di capitale ed interesse (c.d. alla francese);

 

-   la legge finanziaria 2002, L. 448/2001, introduce la nuova modalità di ammortamento di tipo “bullet” che prevede il pagamento annuale dei soli interessi e dell’intero capitale in un’unica soluzione alla fine dell’ammortamento, a fronte della costituzione di un fondo di accantonamento incrementato annualmente della teorica quota di capitale maturato.

 

- l’emissione di titoli mobiliari va deliberata dal Consiglio dell’ente e deve contenere tutti gli elementi relativi all’emissione stessa (importo, durata, cedola, modalità di rimborso, piano di ammortamento, investimento correlato, ecc.);

 

- il collocamento dei B.O.C. può avvenire esclusivamente tramite intermediari finanziari (art. 35, comma 7, L. 724/94;  D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria), che potranno avere funzioni di mero collocamento, di collocamento e garanzia e di sottoscrizione a fermo;

 

-   è indispensabile che l’importo offerto sia totalmente sottoscritto; il problema non si pone con le sottoscrizioni a fermo nel qual caso la sottoscrizione è totale;

 

- per importi superiori a euro 5.164.568,99 è necessario acquisire l’autorizzazione della Banca d’Italia;

 

-   se l’emissione avviene non in Euro ma in altre valute, è indispensabile attivare la copertura del rischio di cambio, anche tramite una operazione di swap;

 

- la provvigione agli intermediari finanziari per il collocamento non può essere superiore allo 0,50% dell’ammontare da ciascuno sottoscritto;

 

- è previsto un contributo al bilancio statale una tantum dello 0,1%, calcolato sull’ammontare del prestito obbligazionario sottoscritto;

 

- le disponibilità di cassa derivanti dall’emissioni dei titoli obbligazionari non sono soggette al regime della tesoreria unica.

 

 

   Gli aspetti  fiscali

 

I proventi dei titoli obbligazionari degli enti locali sono assoggettati alla ritenuta del 12,50%, ai sensi dell’art. 1, comma 2, del D.Lgs. n. 239/1996 (solo il 50% affluisce come provento nella cassa dell’ente emittente per effetto del successivo art. 27 della L. 342/2000).

 

La norma originaria prevedeva l’emanazione di un apposito D.M. attuativo in ordine alle modalità per l’applicazione e il versamento dell’imposta del 12,50% e alle modalità per il riversamento agli enti emittenti del gettito del tributo.

 

Il suindicato decreto non è stato mai emanato, con la conseguenza che gli enti locali emittenti non hanno mai incamerato il provento spettante.

 

L’art. 27 del collegato fiscale alla finanziaria del 2000,  L. 342/2000,  ha colmato la lacuna disponendo che “l’imposta (sostitutiva applicata agli interessi sui titoli emessi dagli enti territoriali) affluisce all’entrata del bilancio dello Stato e il 50 per cento del gettito della medesima imposta che si renderebbe applicabile sull’intero ammontare degli interessi passivi del prestito è di competenza degli enti emittenti. Alla retrocessione agli enti territoriali emittenti i titoli obbligazionari della predetta quota di competenza si provvede mediante utilizzo di parte delle entrate affluite al bilancio dello Stato e riassegnate con decreto del ministro del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione Economica allo stato di previsione del Ministero dell’Interno”.

 

In sostanza la norma dispone:

 

-   gli intermediari finanziari riversano le trattenute effettuate del 12,50% allo Stato;

 

-    solo la metà del gettito, calcolato sull’ammontare complessivo degli interessi passivi risultanti dal piano d’ammortamento dell’emissione obbligazionaria, spetta agli enti emittenti;

 

-   il Ministero dell’economia e delle finanze riassegna queste risorse (50% del 12,50%) al Ministero dell’interno che le corrisponde in un secondo momento agli enti emittenti sotto  forma di contributo erariale.

 

 

   L’analisi della convenienza

 

La convenienza della scelta dei B.O.C. deve scaturire chiaramente nella delibera consiliare che ne prevede l’emissione.

 

Tecnicamente l’analisi della convenienza rispetto ad altre forme di finanziamento si effettua con la redazione di un piano finanziario che considera i seguenti elementi di valutazione:

 

- i costi dell’operazione;

 

- le entrate provenienti dal riversamento del 50% della ritenuta d’acconto;

 

- le entrate provenienti dagli interessi attivi sulle presunte giacenze di cassa; ciò implica un attento esame dei tempi presumibili di pagamento dei stati di avanzamento lavori e delle altre spese;

 

- le spese per il pagamento degli interessi passivi;

 

- le spese per il rimborso del capitale preso a prestito;

 

- altri elementi, come la facilità di collocamento, i tempi e le altre condizioni di mercato.

 

 

 

* * * IL PROJECT FINANCING * * *

 

   Definizione ed elementi essenziali

 

E’ sostanzialmente un metodo per combinare forme di finanziamento e garanzie economico-finanziarie prestate da diversi soggetti al fine di realizzare un progetto di investimento.

 

Elementi essenziali del project financing negli enti locali sono:

 

- un progetto di realizzo di un’opera pubblica o di un altro investimento in genere ad elevato contenuto economico-tecnologico;

 

- l’opera o l’investimento devono produrre un adeguato flusso di entrate economico-finanziarie (cash-flow) in grado di garantire la copertura dei costi, il rimborso dei debiti ed un reddito per i soggetti interessati;

 

- la partecipazione di tutti i soggetti interessati al realizzo del progetto (costruttori, gestori, enti locali, fornitori, ecc.);

 

- la sottoscrizione di contratti o convenzioni in grado di stabilizzare il cash-flow nel medio lungo periodo (ad esempio, gli enti locali possono intervenire stabilendo adeguati livelli tariffari);

 

- l’accordo per la partecipazione del soggetto finanziatore  il quale finanzia il progetto e partecipa sostanzialmente al rischio d’impresa (la partecipazione al rischio è un elemento essenziale: non è project financing la realizzazione di un’opera che grava esclusivamente sul soggetto gestore o finanziata interamente con trasferimenti a fondo perduto);

 

Il project financing è generalmente associato ai termini “finanza di progetto” o “finanza ad hoc”, sottolineando il fatto che il finanziamento avviene, non tanto nei confronti del soggetto (ente o società), bensì nei riguardi dell’oggetto, ovvero il progetto, che per la sua capacità di produrre cash-flow positivi diventa la principale garanzia del finanziamento stesso.

 

Proprio perché strettamente legato alla tipologia e alle caratteristiche del progetto, ogni project financing rappresenta un caso a se stante e non esistono, se non in casi limite, modelli generalizzabili.

 

   Il quadro normativo per gli enti locali

 

La legge n. 415/1998 (Merloni ter) ha introdotto nell’ordinamento degli enti locali il project financing, definito nella locuzione italiana “Realizzazione di opere pubbliche senza oneri finanziari per la pubblica amministrazione”.

 

La disciplina evidenzia la figura del “promotore” (art. 37 bis L. 109/94 e successive modificazioni): rappresenta il soggetto che ha l’”idea”, che costruisce l’ipotesi progettuale, che ricerca i finanziatori, che organizza e coordina i soggetti coinvolti e che, in pratica, assicura la riuscita della realizzazione del progetto; può essere un soggetto fisico, una impresa, un consorzio o associazione temporanea di imprese, una società con idonei requisiti tecnici, organizzativi, finanziari e gestionali.

 

Rientra nei modelli di project financing anche la costituzione di società miste pubblico-privato di cui all’art. 12 della L. 498/92.

 

   Iter

 

- Entro il 30 giugno i promotori, di cui all’art. 37 bis della L. 109/94 e successive modificazioni, presentano all’ente (amministrazione aggiudicatrice) proposte relative alla realizzazione di lavori o opere pubbliche tramite contratti di concessione e con risorse totalmente o parzialmente a carico dei promotori stessi; i lavori o le opere oggetto della proposta devono essere inseriti nei documenti di programmazione dell’ente (bilancio e piano triennale del lavori pubblici).

 

 - entro il 31 ottobre l’ente valuta le proposte presentate sotto i profili costruttivo, urbanistico ed ambientale, nonché della qualità progettuale, della funzionalità, della fruibilità dell'opera, dell'accessibilità al pubblico, del rendimento, del costo di gestione e di manutenzione, della durata della concessione, dei tempi di ultimazione dei lavori della concessione, delle tariffe da applicare, della metodologia di aggiornamento delle stesse, del valore economico e finanziario del piano e del contenuto della bozza di convenzione. Successivamente l’ente individua le proposte di pubblico interesse.

 

- entro il 31 dicembre l’ente provvede ad indire una gara nell’ambito delle proposte ritenute di pubblico interesse. Sussiste, fra l’altro, la possibilità di costituire specifiche società di progetto ( S.p.A.; S.r.l.; consortile).

 

   Analisi della convenienza

 

Laddove possibile, il project financing costituisce generalmente una valida alternativa per i seguenti motivi:

 

- permette la realizzazione di opere pubbliche in assenza di un impegno finanziario da parte dell’ente locale con ovvi vantaggi legati alla destinazione delle risorse disponibili ad altre attività prioritarie; pertanto, non peggiora il livello dell’indebitamento e non incidono nel bilancio dell’ente le spese di progettazione, le spese di manutenzione, ecc.;

 

- è una garanzia di trasparenza, in quanto il profitto d’impresa è legato strettamente all’efficienza e alla funzionalità dell’opera;

 

- l’art. 37 bis della L. 109/94 e successive modificazione evidenzia tuttavia la possibilità di applicazione del project financing ai soli progetti in grado di autofinanziarsi.

 

 

 

* * * IL LEASING  * * *

 

   Definizione

 

 Il leasing o locazione finanziaria è un contratto che prevede la cessione in locazione di uno o più beni mobili o immobili da un soggetto locatore a un altro soggetto locatario, per un determinato periodo di tempo e dietro un corrispettivo, detto canone di locazione.

 

Il locatario ha facoltà di riscattare il bene a titolo oneroso e alla scadenza del contratto, con modalità predeterminate.

 

Il leasing rappresenta, in altri termini, una forma di finanziamento a termine avente per oggetto beni mobili o immobili ed offre la possibilità di attuare processi produttivi o processi attuativi di servizi, avendo solo il possesso dei beni e non la proprietà.

 

Varie sono le fattispecie: leasing operativo, renting, lease back, leasing immobiliare, leasing finanziario.

 

   Finalità negli enti locali

 

Il leasing è una forma di finanziamento sperimentata largamente dalle aziende private ed utilizzata anche dagli Enti locali perlopiù per l’acquisizione di macchine ed impianti destinati ai servizi d’informatica, agli uffici, ai settori della raccolta e trasporto dei rifiuti solidi urbani, alla manutenzione stradale e al rinnovo del parco autovetture.

 

La legge  9 dicembre 1998, n. 426 ed il relativo decreto di attuazione hanno  previsto, fra l’altro, contributi erariali sulle operazioni di leasing finalizzate all’acquisizione dei veicoli a basso impatto ambientale.

 

   Analisi della convenienza

 

I canoni delle operazioni di leasing costituiscono per gli enti locali una spesa corrente e quindi pesano completamente sugli equilibri di parte corrente, così come del resto avviene per le rate di ammortamento dei mutui (interessi e rimborsi di capitale).

 

Tuttavia, il maggior costo che di solito il leasing comporta rispetto ad altre forme di finanziamento, ne fa uno strumento da usare con particolare cautela, che può comunque trovare una giustificazione quando la via del leasing risulti l’unica percorribile per ottenere la disponibilità dei beni.

 

Inoltre il leasing, comportando oneri solo sulla spesa corrente ad eccezione del riscatto del bene alla fine del periodo, sembra non essere in linea con la normativa del patto di stabilità interno, che, al contrario, tende a favorire la riduzione della spesa corrente.

 

Ciò nonostante, a favore della scelta del leasing pesa il fatto che non servono disponibilità finanziarie in conto capitale (se non per la piccola parte relativa al riscatto dei beni) per effettuare investimenti; ciò permette di liberare risorse per altri investimenti.

 

Infine, il risparmio fiscale che il leasing comporta nel settore delle imprese è per gli enti locali irrilevante, in quanto non soggetti all’Irpeg, ai sensi dell’art. 88 del Tuir.

 

 

 

* * * LA CESSIONE DEI CREDITI TRIBUTARI  * * *

 

   Modalità e limiti

 

L’art. 76 della legge 21 novembre 2000, n. 342 (collegato fiscale alla finanziaria dell’anno 2000)  prevede che gli enti locali possono cedere a terzi a titolo oneroso i loro crediti tributari, compresi gli accessori per interessi, sanzioni e penalità.

 

I rapporti tra ente e cessionario sono regolati da una convenzione nella quale dovranno essere trasfusi tutti i termini della cessione e definiti obblighi e doveri delle controparti. La norma non indica i soggetti ai quali possono essere ceduti i crediti, per cui risulta ampia la discrezionalità dell’ente, che comunque non può prescindere dall’applicazione delle ordinarie procedure di evidenza pubblica nella scelta del cessionario.

 

L’ente locale è tenuto a garantire l’esistenza dei crediti al tempo della cessione e pertanto deve individuare esattamente i debitori e il titolo giuridico, ma non risponde dell’insolvenza dei debitori (pro soluto; art. 1267 CC).

 

I privilegi e le garanzie di qualunque tipo che assistono i crediti oggetto della cessione conservano la loro validità e il loro grado di favore del cessionario, senza bisogno di alcuna formalità o annotazione (ope legis).

 

La cessione del credito, in deroga all’art. 1264 c.c., non va né notificata, né è soggetta ad accettazione da parte del debitore ceduto.

 

Le cessioni dei crediti tributari sono esenti dall’imposta di registro, dall’imposta di bollo e da ogni altra imposta indiretta.

 

   Analisi della convenienza

 

L’operazione consente sostanzialmente di sostituire un’entrata certa di bilancio a previsioni in tutto o in parte aleatorie e diluite nel tempo.

 

Considerando che nei bilanci degli enti locali l’ammontare dei crediti tributari raggiunge cifre ragguardevoli, la manovra può essere conveniente non solo per il flusso di cassa anticipato rispetto le originali scadenze, ma anche per il beneficio amministrativo di  depurare il bilancio dalle partite in sofferenza.

 

L’operazione è peraltro perfettamente in linea con la normativa del patto di stabilità interno, per quanto riguarda l’obiettivo del disavanzo ex art. 28 della L. 448/98, come modificato dall’art. 30 della L. 488/99.

 

Per contro, essendo la cessione a titolo oneroso, bisogna valutare attentamente i costi dell’operazione che comportano nel bilancio dell’ente una minore entrata (nella gestione di competenza) o un residuo attivo insussistente (nella gestione residui).

 

La valutazione della congruità del costo dell’operazione appare alquanto problematica; fra gli elementi da considerare vi sono:

- il valore nominale dei crediti,

- i costi di riscossione,

- il grado di rischio di insolvenza,

- gli oneri connessi,

- i livelli del tasso di interesse per le anticipazioni di cassa, nell’eventualità l’ente si trovi nella necessità di ricorrere a tale strumento, se non viene effettuata la cessione dei crediti tributari.

 

 

 

* * * LA CESSIONE DEI CREDITI NON TRIBUTARI  * * *

 

La possibilità, da parte degli enti locali, di cedere pro soluto crediti liquidi ed esigibili a soggetti abilitati all’esercizio dell’attività di recupero crediti di comprovata affidabilità trova fondamento nell’art. 8 del D.L. 28 marzo 1997, n. 79 come modificato dalla legge di conversione 28 maggio 1997, n. 140 (Circ. Ministero del Tesoro 30 marzo 1998, n. 30; D.M. 12 maggio 1992, n. 334).

 

Per le considerazioni in merito alla convenienza di tale operazione si rinvia all’analisi effettuata in riferimento alla cessione dei crediti tributari.

 

 

 

* * * LE CARTOLARIZZAZIONI  * * *

 

La cartolarizzazione (securitisation) è una tecnica di natura finanziaria che consente di trasformare crediti per natura illiquidi (assets) in valori mobiliari, ovvero titoli negoziabili.

 

La legge 130/99 “Disposizioni sulla cartolarizzazione dei crediti” stabilisce le modalità operative.

 

Lo smobilizzo può avvenire sia pro soluto, che pro solvendo.

 

L’operazione è al centro delle ultime manovre di finanza pubblica a livello nazionale e consente di smobilizzare risorse rilevanti; si ipotizza una diffusione di tale operazione negli enti di maggiori dimensioni nei prossimi anni visto che la soglia minima di convenienza sembra essere dell’ordine di 25 milioni di euro.

 

Nuove regole in materia di cartolarizzazione del  patrimonio immobiliare degli enti locali sono stabilite dall’art. 84 della legge finanziaria 2003, legge 27 dicembre 2002, n. 289.

 

 

* * * IL FACTORING * * *

 

E’ una operazione di smobilizzo di crediti non cambializzati, ceduti in via continuativa con una clausola di globalità ad un soggetto (factor) che può essere un intermediario finanziario bancario o non bancario.

 

Riveste una natura composita: può qualificarsi come una operazione di finanziamento, o come un vero e proprio servizio, poiché si affida al factor la contabilizzazione, l’incasso e la gestione completa dei crediti ceduti.

 

Il factoring è diverso dalle fattispecie di cessioni di crediti (tributari e non) poiché non è una operazione fine a se stessa, ma rappresenta un servizio affidato in via continuativa ad un soggetto esterno.

 

Il costo varia da operazione ad operazione.

 

Anche in questo caso, così come osservato per le cartolarizzazioni, si ipotizza la diffusione nei prossimi anni fra gli enti di maggiori dimensioni.

 

 

* * * L’APERTURA DI CREDITO BANCARIO * * *

 

Anche il contratto di apertura di credito bancario rientra nelle possibilità di finanziamento degli investimenti ai sensi dell’art. 199 del Tuel, nella parte in cui  elenca, oltre ai mutui, anche “altre forme di ricorso al mercato finanziario consentite dalla legge”; si veda la nota introduttiva.

 

Il contratto di apertura di credito bancario è disciplinato dall’art. 1842 del CC ed è ben conosciuto nel settore privato: la banca si obbliga a tenere a disposizione dell’ente una determinata somma di denaro generalmente per un dato periodo di tempo.

 

Il beneficiario non è obbligato ad utilizzare il credito.

 

Salvo che per le commissioni (commissione di massimo scoperto) gli interessi passivi sono commisurati all’entità della somma effettivamente utilizzata e quest’ultimo aspetto può essere il fattore determinante per la scelta di tale forma di finanziamento, in luogo delle altre più tradizionali, come i mutui.

 

Infatti, nel caso dei mutui, avviene molto spesso che le somme prese a prestito (sulle quali si pagano gli interessi passivi) restino inutilizzate per anni a causa dei lunghi periodi di realizzo delle opere pubbliche; pagare gli interessi passivi solamente sulle somme effettivamente utilizzate può essere un grande vantaggio, che ciascun ente può agevolmente calcolare.

 

 

 

* * * LE SPONSORIZZAZIONI * * *

 

La possibilità di sottoscrivere contratti di sponsorizzazione da parte degli enti locali è stata espressamente prevista dall’art. 43 della L. 449/97.

 

   Finalità

 

La sponsorizzazione è diretta a favorire l’innovazione dell’organizzazione amministrativa e la realizzazione di economie di spesa.

 

   Modalità

 

Non vi sono particolari regole tranne la dimostrazione del perseguimento degli interessi pubblici, l’esclusione di qualsiasi forma di conflitto di interesse tra l’attività pubblica e quella privata e la verifica delle economie di spesa.

 

L’adozione di iniziative per la stipula di contratti di sponsorizzazione è, fra l’altro, citata espressamente dall’art. 30, comma 8, della L. 488/99, in tema di azioni virtuose per il raggiungimento degli obiettivi del patto di stabilità interno.

 

Recentemente anche il Consiglio di Stato sez. VI, sentenza 4 dicembre 2001, n. 6073 (modificando l’orientamento precedente), ha affermato l’ammissibilità dell’utilizzazione dei contratti di sponsorizzazione nella P.A.con particolare riferimento alla gestione del servizio di tesoreria degli enti locali.

 

Non sembra vi siano particolari difficoltà nel dimostrare la convenienza del contratto di sponsorizzazione, se sussistono pubblico interesse e risparmi di spesa.

 

 

 

* * * L’OUTSOURCING * * *

 

L’outsourcing è una manovra prima di tutto organizzativa all’interno dell’ente / azienda.

 

Consiste nell’affidare a soggetti terzi attività o processi produttivi precedentemente svolti internamente.

 

Può essere una valida soluzione per vari motivi:

 

- se riguarda servizi per i quali si reputa scarso il livello di efficienza delle attività svolte;

 

- perché alleggerisce la struttura, l’organizzazione interna ed il bilancio permettendo di concentrare gli sforzi sulle attività principali o prioritarie dell’azienda/ente;

 

- perché rappresenta un’ottima scelta per raggiungere gli obiettivi del patto di stabilità interno.