XI SALONE AUTONOMIE LOCALI
Firenze, 2-3-4 ottobre 2001
IMPOSTAZIONE E GESTIONE AMMINISTRATIVA DEL PATTO DI
STABILITA’ INTERNO
(Dirigente di
ragioneria del Comune di Vicenza, pubblicista e componente dell’Osservatorio per
la Finanza e la Contabilità degli enti locali, www.bellesiamauro.it)
1.
Premesse
Il
patto di stabilità interno per gli enti locali è stato introdotto dall’art. 28
della legge finanziaria 1999, L. 23 dicembre 1998, n. 448; successivamente, è
stato integrato e modificato più volte da una serie di norme certamente di non
facile applicazione [1].
La
finalità è invece chiara e comprensibile: estendere agli enti locali l’onere
degli impegni presi dal nostro Paese nei confronti dell’Unione Europea con l’adesione
all’euro e al patto di stabilità e di crescita.
In
particolare, come indica il succitato articolo 28, le regioni, le province
autonome, le province, i comuni e le comunità montane, concorrono alla
realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica, impegnandosi:
1)
a ridurre progressivamente il finanziamento in disavanzo delle proprie spese e
2)
a ridurre il rapporto tra il proprio ammontare di debito e il prodotto interno
lordo (P.I.L.).
Il
patto di stabilità interno ha inizialmente valenza triennale considerando gli
anni 1999, 2000 e 2001; successivamente è stato ampliato il periodo di
riferimento comprendendo anche gli anni successivi.
2. Gli enti tenuti ad
applicare la normativa del patto di stabilità interno
Non tutti gli enti sono tenuti all’applicazione
delle norme del patto di stabilità interno. Vi sono delle agevolazioni. Pur
essendo chiaro nella legge ed in particolar modo nella Circolare del Ministero
del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione Economica 4 febbraio 2000, n.
4, che tutti gli enti sono tenuti
alla riduzione del disavanzo a livello macroeconomico per favorire il
raggiungimento degli obiettivi nazionali di finanza pubblica, alcune categorie
di enti sono esclusi.
Tali
esclusioni riguardano:
-
le comunità montane
(Circolare 12 marzo 1999, n.11, del Ministero del Tesoro del Bilancio e della Programmazione Economica)
-
dall’anno 2001,
i comuni con popolazione inferiore a
5.000 abitanti (art. 53, comma 4, L. 23 dicembre 2000, n. 388).
3. Gli obiettivi da raggiungere
Per
quanto concerne gli obiettivi da raggiungere giova far presente, innanzi tutto,
che all’interno delle due generiche tipologie indicate dal succitato art. 28
(ridurre progressivamente il finanziamento in disavanzo delle proprie spese e
ridurre il rapporto tra il proprio ammontare di debito e P.I.L.) si distinguono
due ulteriori fattispecie a seconda che l’obiettivo specifico sia fissato a
livello macroeconomico o di comparto (ad esempio, comparto regioni, comparto
province, comparto comuni) oppure riguardi la gestione del singolo ente.
La
prima fattispecie (livello macroeconomico) esprime usualmente gli obiettivi da
raggiungere in percentuali rispetto al P.I.L. (ad esempio, riduzione di almeno
lo 0,1% del P.I.L.).
La
seconda fattispecie (singolo ente) esprime l’obiettivo da raggiungere in un
preciso livello del saldo di cassa derivante da una serie di calcoli
retrospettivi e prospettici.
Con
riferimento ai due obiettivi generici (ridurre progressivamente il
finanziamento in disavanzo delle proprie spese e ridurre il rapporto tra il
proprio ammontare di debito e P.I.L.), la circolare del Ministero del Tesoro,
del Bilancio e della Programmazione economica del 12 marzo 1999, precisa,
altresì, che il primo costituisce un obiettivo primario, mentre il secondo deve
considerarsi un obiettivo derivato conseguente soprattutto al miglioramento del
saldo finanziario. Infatti, a livello macroeconomico il miglioramento del
deficit comporta un miglioramento del debito pubblico.
Inoltre,
entrambi gli obiettivi riguardano la gestione di cassa riferendosi agli incassi
ed ai pagamenti di tesoreria. La scelta di fare riferimento alla cassa e non
alla competenza deriva dalle modalità di calcolo del debito pubblico e del
deficit in sede comunitaria.
4. La quantificazione degli obiettivi da raggiungere
a livello macroeconomico
Per
quanto riguarda la quantificazione dei suddetti obiettivi, l’art. 28 della L. 23
dicembre 1998, n. 448 dispone che, a livello aggregato, la riduzione del
disavanzo deve essere pari nell’anno 1999 ad almeno lo 0,1% del P.I.L..
L’art.
30 della L. 23 dicembre 1999, n. 488 prevede un’ulteriore riduzione del 0,1%
per l’anno 2000.
Per
l’anno 2001, l’art. 53, comma 1, lett. a) della L. 23 dicembre 2000, n. 388
prevede che il disavanzo non possa essere superiore a quello del 1999, al netto
delle spese per interessi passivi e di quelle per l’assistenza sanitaria,
aumentato del 3 per cento.
Per
gli anni successivi ulteriori normative specifiche saranno emanate in sede di
approvazione della legge finanziaria. Il D.P.E.F. prevede comunque un
rafforzamento del patto di stabilità interno.
5.
Le problematiche in ordine le definizioni del disavanzo o avanzo utilizzate ai
fini del patto di stabilità
Vi
sono due definizioni di disavanzo (o avanzo) valide per l’anno 1999: la prima
fa riferimento all’art. 28 della L. 448/98 (“vecchie regole”); la seconda fa
riferimento all’art. 30 della L. 488/99 (“nuove regole”). Dall’anno 2000 in poi
si applicano solamente le “nuove regole”.
a) definizione di disavanzo (o avanzo) ex art. 28,
L. 448/98 (“vecchie regole”)
Il
disavanzo (o avanzo) i cui all’art. 28, comma 1, della legge 23/12/98, n. 448,
così come precisato nella circolare del Ministero del Tesoro, del Bilancio e
della Programmazione economica del 12 marzo 1999, si calcola nel seguente modo:
Totale delle entrate finali riscosse di
cui
al quadro generale riassuntivo del
bilancio (Titolo I + Titolo II + Titolo
III +
Titolo IV) L. (+)
…………………………..
A detrarre:
Trasferimenti dello Stato ordinari,
perequativi e consolidati (parte del
Titolo II: Categ. 1^) L.
(-) …………………………..
Trasferimenti dello Stato in conto
capitale (Titolo IV: Categ. 2^) L. (-)
…………………………..
Proventi dalla vendita di attività
finanziarie (parte del Titolo IV: Categ.
1^) L.
(-) …………………………..
Riscossione di crediti
(Titolo IV: Categ. 6^) L.
(-) …………………………..
TOTALE RISCOSSIONI (A) L. (+)
…………………………..
Totale delle spese correnti pagate
(Titolo I) L. (+)
…………………………..
A detrarre:
Pagamenti di interessi passivi L. (-) ……………………………
TOTALE PAGAMENTI (B) L. (+)
…………………………..
SALDO = (A) – (B) L.(+/-)
…………………………..
Se
positivo il saldo è detto avanzo, se negativo disavanzo.
b) definizione di disavanzo (o avanzo) ex art. 30,
L. 488/99 (“nuove regole”)
Accogliendo
numerose osservazioni formulate da più parti in merito alla scarsa
significatività del calcolo del disavanzo ex art. 28 L. 448/98 in presenza di
trasferimenti non omogenei e discontinui da parte dell’Unione Europea o da
altri enti pubblici, nonché in presenza di oggettivi accadimenti
eccezionali, il nuovo metodo di calcolo
del disavanzo (o avanzo) denota marcatamente la volontà di affinare lo
strumento di analisi in termini di attendibilità ed efficacia.
Il
disavanzo (o avanzo) i cui all’art. 30 della L. 488/99, così come precisato
nella circolare del Ministero del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione
economica n. 4/2000 e successivamente dal D.M. 1/8/00, si calcola nel seguente modo:
INCASSI:
A Entrate finali Titolo
1°, 2°, 3°, 4°
a
detrarre:
B Trasferimenti correnti da Stato Titolo 2°- cat.1^
C Trasferimenti correnti dalla UE Titolo
2° - cat. 4^
D Trasferim.corr. dagli altri enti
partecipanti al patto Titolo
2° - cat. 2^-3^-parte 5^
E Proventi della dismissione di beni
immobiliari e finanziari Titolo
4° - cat. 1^
F Trasferimenti in conto capitale
dallo Stato Titolo
4° - cat. 2^
G Trasferimenti in conto capitale
dalla U.E. Titolo
4° - parte cat. 4^ (o 5^)
H Trasferim. in c/ cap.le dagli altri
enti partecipanti al patto Titolo 4° -
cat. 3^- parte 4^
I Riscossione di crediti Titolo
4° - cat. 6^
L Entrate con carattere di
eccezionalità Punto
1.2. Circolare 4/2000
M Incassi netti
(A-B-C-D-E-F-G-H-I-L)
PAGAMENTI:
N Spese correnti Titolo
1°
a
detrarre:
O Interessi passivi Titolo
1° - intervento 6°
P Spese sostenute sulla base di
trasferimenti con vincolo di
destinazione da Stato, da UE e da enti partecipanti al patto Punto 1.1.2. Circolare
Q Spese con carattere di
eccezionalità Punto
1.2. Circolare
R Pagamenti
netti (N-O-P-Q)
S SALDO
FINANZIARIO (M-R): Incassi netti - Pagamenti netti +/-
Fra
le voci che considerate nel calcolo del disavanzo, meritano un approfondimento le
entrate e le spese che rivestono il carattere dell’eccezionalità, visto che non
si rinviene, nell’attuale normativa, una definizione puntuale per tale
tipologia.
L’Ente
potrà far rientrare nel carattere dell’eccezionalità gli eventi straordinari ma
non dovrà fare riferimento a tutte quelle risorse e a quegli interventi che
presentano il carattere della continuità. A titolo di esempio il D.M. 1/8/00
segnala le seguenti fattispecie:
- le entrate e le spese di parte
corrente per eventi calamitosi;
- le entrate e le spese di parte
corrente per sentenze esecutive e atti equiparati;
- le spese per oneri straordinari della
gestione corrente (spese afferenti l’intervento 08 del titolo 1° della spesa);
- le spese di parte corrente effettuate
a favore dell’Organo straordinario della liquidazione qualora l’Ente si trovi
in una situazione di dissesto finanziario (art. 244 del D. Lgs. 18 agosto 2000,
n. 267 Tuel);
- le spese correnti per il ripiano dei
disavanzi delle Aziende di pubblici servizi, se riferite a più esercizi
pregressi: in questo caso, l’Ente deve considerare, quale spesa corrente,
quella annualmente sostenuta a titolo di concessioni di anticipazioni alle
Aziende;
- le spese correnti sostenute in
occasione di consultazioni elettorali e referendarie;
- le entrate derivanti dal recupero
dell’evasione tributaria, al netto di quelle determinate da uno stabile
incremento della base imponibile.
Sulla
base delle disposizioni contenute nel comma 2 dell’art. 30 della L. 488/99, è
consentito calcolare il disavanzo nel seguente modo:
-
per l'anno 1999 con
le “vecchie regole” o, in alternativa con le “nuove regole”;
-
per l’anno 2000 con
le “nuove regole”;
-
per gli anni
successivi con le “nuove regole”;
-
solamente per gli
anni 1999 e 2000 sussiste la facoltà di valutare la propria conformità al patto
di stabilità interno sulla base del disavanzo calcolato con le “nuove regole”
cumulativamente per il biennio 1999-2000.
6. Le modalità di calcolo degli obiettivi
programmatici a livello di singolo ente
La
prima fase consiste nel calcolo del saldo tendenziale, prendendo come base di
partenza i saldi effettivi dell’anno o degli anni precedenti.
Sul
saldo tendenziale si calcola l’intervento correttivo rivolto, ovviamente, a
migliorare la situazione.
Il
saldo programmatico risulta quale differenza tra saldo tendenziale e intervento
correttivo, più l’eventuale recupero della quota non raggiunta dell’anno
precedente e rappresenta l’obiettivo della gestione di cassa da raggiungere
nell’anno considerato.
Per
il dettaglio delle modalità di calcolo si rinvia, per gli anni 1999 e 2000,
alle circolari n. 11/99, n. 4/2000 e al D.M. 1/8/00.
Per
l’anno 2001, invece, è cambiata la modalità di calcolo: l’art. 53, comma 1, lett.
a) della L. 23 dicembre 2000, n. 388, dispone che il disavanzo, computato ai
sensi del comma 1 dell’articolo 28 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, e
successive modificazioni, non potrà essere superiore a quello del 1999, al
netto delle spese per interessi passivi e di quelle per l’assistenza sanitaria,
aumentato del 3 per cento.
La
Circolare 6 febbraio 2001, n.6, del Ministero del Tesoro del Bilancio e della Programmazione Economica precisa che il saldo
programmatico 2001 deve essere pari:
-
per gli enti con
saldo finanziario 1999 negativo, al saldo finanziario 1999 aumentato del 3 per cento;
-
per gli enti con
saldo finanziario 1999 positivo, al saldo finanziario 1999 diminuito del 3 per
cento.
Si
riporta qui di seguito il prospetto di calcolo dell’obiettivo 2001 da allegate
al bilancio preventivo 2001 o alla prima variazione di bilancio.
(omissis)
Le modalità di calcolo dell’obiettivo per l’anno 2002
saranno presumibilmente indicate nella legge finanziaria 2002 o in qualche
provvedimento allegato.
7.
Il monitoraggio ministeriale
Il
controllo del Ministero del Bilancio del Tesoro e della Programmazione
Economica sulla gestione di cassa degli enti locali ai fini del patto di
stabilità interno ha subito molte modifiche rispetto alle regole iniziali;
infatti, dal 1 gennaio 2000 gli enti interessati al monitoraggio trimestrale
sono i comuni con più di 15.000 abitanti e le province. I comuni con
popolazione tra 5000 e 15000 abitanti sono soggetti ad un monitoraggio annuale.
Dall’anno
2001 è previsto un maggiore coinvolgimento delle associazioni degli enti locali
che dovranno riferire al Governo, in sede di Conferenza Stato-Città,
l’andamento delle entrate, delle spese e dei saldi di bilancio ai fini del
patto di stabilità interno.
8.
Il “sistema premiante” valido per gli anni 1999 e 2000
Per gli anni
1999 e 2000, l’art. 30, comma 6, della L. 488/99, prevedeva un sistema
premiante basato sulle seguenti
fattispecie:
1) - per tutti gli enti –
sconto generalizzato di 50 punti base sul tasso di interesse applicato sui mutui della Cassa Depositi e
Prestiti [2]
in caso di raggiungimento dell’obiettivo del patto di stabilità interno a
livello aggregato per regioni, province e comuni; tale obiettivo è stato
raggiunto e pertanto lo sconto sugli interessi è già stato applicato a partire
dall’anno 2001;
2) - per gli enti “virtuosi” –
in caso di mancato raggiungimento dell’obiettivo del patto
di stabilità interno a livello aggregato (ciò che non è avvenuto) lo sconto
sugli interessi sarebbe stato concesso solamente agli enti che dimostravano di
aver raggiunto il loro obiettivo;
3) - per gli enti “più che virtuosi” –
agli enti che nel biennio 1999-2000 dimostravano di aver
raggiunto un obiettivo di riduzione del disavanzo, computato con i criteri 1999
o con i criteri 2000, superiore allo 0,3 per cento del PIL, la suindicata riduzione del tasso d'interesse
sui mutui era raddoppiata.
Le
modalità per ottenere i benefici del sistema premiante sono state indicate dal
D.M. 29 gennaio 2001.
9.
Le sanzioni in caso di mancato rispetto degli obiettivi
Al mancato raggiungimento degli
obiettivi scattano le sanzioni previste dall’art. 28 della legge 448/98:
1)
la prima sanzione
riguarda il mancato rispetto degli obiettivi di miglioramento del saldo
tendenziale e prevede che qualora venga comminata al nostro Paese la sanzione
prevista dalla normativa europea per l'accertamento di deficit eccessivo, la
sanzione stessa verrà posta a carico degli enti che non hanno realizzato gli
obiettivi per la quota a loro imputabile, secondo modalità da definire in sede
di Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le regioni e le province
autonome di Trento e di Bolzano e di Conferenza Stato-città ed autonomie
locali. Il campo di applicazione della sanzione è precisato anche dalla
direttiva sull’applicazione del patto di stabilità interno del 18 febbraio
1999: il sistema di sanzioni e le procedure di accertamento attribuite alla
Conferenza Stato-Città ed autonomie locali, riguardano principalmente, se non
esclusivamente, le violazioni dell’obiettivo sul saldo finanziario e non si
applicano, se non in circostanze eccezionali, alle violazioni dell’obiettivo
nel rapporto debito/PIL;
2)
la seconda sanzione è
invece prevista nel caso specifico di mancata realizzazione degli obiettivi
indicati nel piano finanziario quinquennale (se adottato) di riduzione di
almeno del 10% del rapporto debito/PIL.
10. Le problematiche nella programmazione di
bilancio
Il
patto di stabilità interno impone un approccio alle problematiche gestionali
degli enti locali molto diverso dagli attuali obblighi ed abitudini: non è più
sufficiente programmare e verificare i risultati ottenuti sulla base
dell’ammontare degli accertamenti e degli impegni, ma bisogna anche considerare
le movimentazioni di cassa distinguendo quelle relative all’anno in esame
(gestione di competenza) da quelle relative agli anni precedenti (gestione
residui).
Il
bilancio preventivo rappresenta ancorpiù un momento molto importante nel quale le
scelte di programmazione devono rispettare, da un lato, gli equilibri di
bilancio basati sulle previsioni di competenza, dall’altro, anche i vincoli
derivanti dal patto di stabilità interno calcolati sui saldi di cassa.
A
riguardo, la direttiva sull’applicazione del patto di stabilità interno del 18
febbraio 1999 del Ministero dell’Interno e del Ministero del Tesoro, del
Bilancio e della Programmazione economica precisa che il patto di stabilità
interno indica dei risultati da raggiungere, e in questo senso è prescrittivo,
ma non pone dei vincoli sulle modalità di raggiungimento dei risultati, che
possono essere diversamente calibrati, e in questo senso è programmatico. In
sintesi, il patto di stabilità impone oneri e non obblighi, nel senso che impone
il raggiungimento di un risultato, ma non l’utilizzazione di determinati
strumenti per il suo raggiungimento.
11. Le problematiche nella gestione del bilancio
Di
fondamentale importanza per il raggiungimento degli obiettivi sono due azioni:
-
monitorare costantemente
i flussi di cassa;
-
individuare ed
applicare le migliori azioni correttive nel caso in cui l’andamento della
situazione di cassa lasci prevedere il mancato raggiungimento degli obiettivi
stessi.
La
legge suggerisce alcune azioni che, per una serie di ragioni che non si intende
approfondire in questa sede, sembrano perlopiù difficilmente applicabili,
almeno nel breve periodo.
Le
azioni correttive consigliate dal legislatore sono le seguenti:
a)
perseguimento di
obiettivi di efficienza, aumento della produttività e riduzione dei costi nella
gestione dei servizi pubblici e delle attività di propria competenza;
b)
contenimento del
tasso di crescita della spesa corrente rispetto ai valori degli anni
precedenti;
c)
potenziamento delle
attività di accertamento dei tributi propri ai fini di aumentare la base
imponibile;
d)
aumento del ricorso
al finanziamento a mezzo prezzi e tariffe dei servizi pubblici a domanda
individuale;
e)
dismissione di immobili
di proprietà non funzionali allo svolgimento della attività istituzionale.
f)
ridurre la spesa per
il personale, ai sensi di quanto previsto dall'articolo 39, commi 19 e 20-bis,
della legge 27 dicembre 1997, n.449, e successive modificazioni;
g)
limitare il ricorso
ai contratti stipulati al di fuori della dotazione organica ed alle consulenze
esterne, laddove tali iniziative siano previste dai rispettivi ordinamenti, e
procedere alla soppressione degli organismi collegiali non ritenuti
indispensabili, ai sensi dell'articolo 41, comma 1, della legge 27 dicembre
1997, n.449;
h)
sviluppare le
iniziative per la stipula di contratti di sponsorizzazione, accordi e
convenzioni previsti dall'articolo 43 della legge 27 dicembre 1997, n.449, allo
scopo di realizzare maggiori economie nella gestione;
i)
ridurre il ricorso
all'affidamento diretto di servizi pubblici locali a società controllate o ad
aziende speciali ed al rinnovo delle concessioni di tali servizi senza il
previo espletamento di un'apposita gara di evidenza pubblica;
j)
sviluppare iniziative
per il ricorso, negli acquisti di beni e servizi, alla formula del contratto a
risultato, di cui alla norma UNI 10685, rispondente al principio di efficienza
ed economicità di cui all'articolo 4, comma 3, lettera c), della legge 15 marzo
1997, n.59";
k)
procedere alla
liberalizzazione del mercato dei servizi pubblici, rimovendo gli ostacoli
all'accesso di nuovi soggetti privati e promovendo lo sviluppo dei servizi
pubblici locali mediante l'utilizzo di tecniche di finanziamento con ricorso
esclusivo a capitali privati;
l)
utilizzare a fini di
rivestimento le somme accantonate per ammortamento di beni, in base alle
disposizioni dell'articolo 9, comma 1, e dell'articolo 117, comma 1, del
decreto legislativo 25 febbraio 1995, n. 77.
Rimane
alla fine uno spiraglio che lascia intravedere la necessità di non
compromettere il livelli quantitativo e qualitativo erogati alla popolazione:
nella riduzione del disavanzo annuo deve comunque essere mantenuta la
corrispondenza tra funzioni e risorse, al fine di assicurare l’efficienza e
l’efficacia dell’attività amministrativa, verificando tale corrispondenza
attraverso le procedure del controllo economico di gestione.
12.
Il secondo obiettivo del patto di stabilità interno: la riduzione del rapporto
debito/PIL e l’estinzione agevolata dei mutui contratti con la Cassa DD PP
L’obiettivo
della riduzione del rapporto debito/PIL per gli enti delle amministrazioni non
statali e per gli enti locali è di natura derivata, nel senso che esso si realizza
mediante il miglioramento del disavanzo (o avanzo) e politiche di dismissioni
immobiliari e mobiliari.
Per
debito pregresso o genericamente debito si deve intendere negli enti locali il
debito residuo alla fine dell’anno relativo ai mutui ed agli altri prestiti.
Inoltre,
la riduzione del rapporto debito/PIL deve intendersi come tendenza nel
triennio, ammettendosi che, in un singolo anno, i dati di consuntivo possono
mostrare aumenti del rapporto, purché tali aumenti siano comunque compensati nell’arco
del triennio.
Per
la quantificazione del rapporto/PIL al fine dell’estinzione agevolata dei mutui
con la Cassa DD. PP. si fa riferimento ai valori indicati nella circolare 13
ottobre 1999 n. 2, e successive modificazioni.
A
dimostrazione dell’operazione di riduzione del rapporto debito/PIL, gli enti
locali accludono al bilancio di previsione ed al rendiconto appositi prospetti
di analisi preventiva e consuntiva.
Al
generico obiettivo della riduzione del rapporto debito/P.I.L., l’art. 28, comma
3, della succitata legge 448/98 associa una grande opportunità: agli enti
locali che presentano al Ministero del tesoro, del bilancio e della
programmazione economica, piani finanziari di progressiva e continuativa
riduzione del rapporto tra il proprio ammontare di debito e il PIL, proiettati
su un orizzonte temporale di almeno cinque anni, sarà consentito il rimborso
anticipato dei prestiti contratti con la Cassa depositi e prestiti senza oneri
aggiuntivi oltre a quelli del rimborso del residuo debito.
L’opportunità
deriva dal notevole risparmio di interessi passivi conseguente all’operazione
finanziaria; ciò si ripercuote positivamente sugli equilibri di bilancio.
La successiva
circolare 26/3/99 n. 1/99 del Ministero del Tesoro del Bilancio e della
Programmazione economica, precisa che la riduzione del rapporto debito
residuo/PIL debba essere di almeno del 10 per cento alla fine del quinquennio.
Il piano finanziario
quinquennale di riduzione del debito residuo, da approvarsi con deliberazione
consiliare, è accompagnato da una relazione illustrativa ed è strutturato nel
seguente modo:
(omissis)
E’
previsto, inoltre, un monitoraggio specifico sulle previsioni contenute nel
piano finanziario da parte della Cassa DD PP; la mancata realizzazione degli
obiettivi del piano stesso comporta il pagamento di una penale da corrispondere
in tre anni, anche mediante riduzione dei trasferimenti erariali.
L’iter si avvia con
una domanda di estinzione anticipata indicante l’entità dell’operazione da
effettuare e contenente il piano finanziario e la relativa delibera consiliare
di approvazione, ove necessaria.
La domanda deve
essere presentata entro il 31 marzo al Ministero del Tesoro, del Bilancio e
della Programmazione Economica. La Cassa DD.PP., dopo le verifiche del caso,
comunica entro il 30 aprile l’esito dell’analisi al Ministero del Tesoro del
Bilancio e della Programmazione Economica. Lo stesso Ministero provvede entro
il 15 maggio ad informare gli enti circa l’approvazione del piano ed autorizza
la Cassa ad estinguere anticipatamente i mutui in essere partendo da quelli con
vita residua più breve e fino a copertura dell’entità autorizzata.
Entro il 15 giugno ed
il 30 ottobre, la Cassa DD.PP. - Divisione V - comunica all’ente l’importo che
deve essere versato entro il 30 giugno e il 31 dicembre dello stesso anno e
l’elenco dei finanziamenti che potranno essere estinti, nonché le modalità per
il pagamento.
Non possono essere
estinti mutui con quote parziali o totali a carico di altri soggetti.
La Cassa DD.PP.
effettua il monitoraggio annuale dei piani finanziari. Per tale fine, entro il
30 giugno di ogni anno gli enti trasmettono una tabella, strutturata in maniera
analoga a quella presentata con il piano finanziario, contenente i dati del rendiconto
dell’esercizio precedente e le eventuali nuove stime per gli anni successivi.
[1] Per approfondimenti in tema di patto di stabilità interno
si veda Mauro Bellesia (www.bellesiamauro.it), Andrea Marani, Il patto di stabilità
interno per gli enti locali, C.E.L., Gorle Bg, edizione 2001.
Le norme che
riguardano l’applicazione del patto di stabilità interno per gli enti locali
sono:
1) Art. 28, legge 23
dicembre 1998, n. 448 (legge finanziaria per l’anno 1999).
2) Direttiva del
Ministero dell’Interno d’intesa con il Ministero del Tesoro del Bilancio e
della Programmazione economica sull’applicazione del patto di stabilità interno
del 18 febbraio 1999.
3) Circolare del
Ministero del Tesoro del Bilancio e della Programmazione economica concernente
il patto di stabilità interno del 12 marzo 1999, n. 11.
4) Circolare 26/3/99
n. 1/99 del Ministero del Tesoro del Bilancio e della Programmazione economica
concernente l’attuazione del comma 3 dell’art. 28 della L. n. 448/1998 (Estinzione
anticipata dei mutui contratti con la Cassa DD PP).
5) Comunicazione 12
aprile 1999 del Ministero del Tesoro del Bilancio e della Programmazione
economica concernente la legge n. 448/1998 – Art. 28- Patto di stabilità
interno.
6) Circolare 27 aprile
1999 n. FL 19/99 Ministero dell’Interno – Direzione generale
dell’amministrazione civile. Direzione centrale per la finanza locale –
Oggetto: contributi statali sui mutui degli enti locali con la Cassa Depositi e
Prestiti.
7) Circolare 13
ottobre 1999 n. 2 del Ministero del Tesoro del Bilancio e della Programmazione
economica concernente l’aggiornamento dei valori del PIL nazionale per
l’estinzione agevolata dei mutui con la Cassa DD PP.
8) Art. 30 legge 23
dicembre 1999, n. 488 (legge finanziaria per l’anno 2000).
9) Circolare 4
febbraio 2000 n. 4 del Ministero del Tesoro
del Bilancio e della
Programmazione Economica concernente il “patto di stabilità interno” per le
province e i comuni. Art. 30 della Legge 23 dicembre 1999, n. 488.
10) Circolare 17 febbraio
2000 n. 3 del Ministero del Tesoro del
Bilancio e della Programmazione
Economica concernente l’attuazione del comma 3 dell’art. 28 della legge n.
448/1998.
11) Decreto del
Ministro del Tesoro del Bilancio e
della Programmazione Economica del 1 agosto 2000, in G. U. n. 203 del 31 agosto
2000, concernente la definizione del saldo e la valutazione di conformità al
patto di stabilità interno.
12) Legge 23 dicembre
2000, n. 388, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello Stato (Legge finanziaria 2001). Art. 53 (Regole di bilancio per le
regioni, le province e i comuni).
13) Circolare 6
febbraio 2001 n. 6 del Ministero del Tesoro
del Bilancio e della
Programmazione Economica concernente l’attuazione dell’art. 53 della L. 23 dicembre 2000, n. 388.
14) Ministero del
Tesoro, del Bilancio e della Programmazione Economica, D.M. 29 gennaio 2001,
G.U. n. 78 del 3 aprile 2001, concernente la verifica del raggiungimento degli
obiettivi degli anni 1999 e 2000.
15) Ministero del Tesoro del Bilancio e della Programmazione Economica Comunicato Stampa Ufficio per l'informazione e i Rapporti con
la Stampa, Roma , 27/03/2001.
16) Cassa DD PP,
Procedura per l’attuazione dell’ art. 30, commi 6 e 7, della legge n. 488/99.
[2] I mutui che potranno
beneficiare della riduzione del tasso di interesse sono quelli in ammortamento
al 31 dicembre 1998, il cui tasso di interesse risulti superiore al 7 per cento
ovvero concessi entro il 31 dicembre 1997, con oneri a carico delle regioni e
degli enti locali, con esclusione dei contributi regionali di cui all'articolo
7 del decreto del Ministro del tesoro 7 gennaio 1998 e precedenti norme di
accesso al credito ordinario della Cassa Depositi e Prestiti.