SALONE AUTONOMIE LOCALI  -  Viareggio, 4 ottobre 2002  

 

LA PROGRAMMAZIONE DELLE ATTIVITÀ E LE POLITICHE DI BILANCIO CON RIFERIMENTO AI VINCOLI DEL PATTO DI STABILITÀ INTERNO

 

 

Mauro Bellesia

www.bellesiamauro.it

 

 ( Dirigente di ragioneria del Comune di Vicenza, pubblicista e componente dell’Osservatorio per la Finanza e la Contabilità degli enti locali )

 

 

 

 

 

● IL QUADRO NORMATIVO ED I VINCOLI FINANZIARI-GESTIONALI

 

 

Pur senza entrare nel merito delle regole specifiche e delle modalità di calcolo degli obiettivi da raggiungere negli anni 2002 e seguenti, per le quali si rinvia a trattazioni specifiche [1], si riporta qui di seguito un quadro sintetico dei vincoli in ordine al patto di stabilità interno per i comuni.

 

 

Finalità:

le finalità dell’introduzione del patto di stabilità interno sono individuate nell’art. 28 della legge finanziaria 1999, L. 23 dicembre 1998, n. 448, che ha esteso agli enti locali l’applicazione degli impegni presi dal nostro Paese nei confronti dell’Unione Europea con l’adesione all’euro e al patto di stabilità e di crescita [2].

Le finalità generali che stanno alla base dell’introduzione del patto di stabilità interno non mutano nel corso degli anni; cambiano, invece, le regole applicative stabilite perlopiù di anno in anno nelle leggi finanziarie in relazione alle scelte di politica economica nazionale.

 

 

Soggetti coinvolti:

comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti, province e regioni [3].

 

 

Durata:

fino al 2004 con esplicito riferimento all’obiettivo del disavanzo [4]

 

 

Gli obiettivi per il 2002:

1) Obiettivo del disavanzo o saldo (art. 24, comma 1, L. 448/01)

 

Il “disavanzo” o “saldo” (visto che può assumere valori sia positivi, che negativi) ex art. 28 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, e successive modificazioni, non potrà essere superiore a quello dell’anno 2000 aumentato del 2,5 per cento.

 

2) Obiettivo degli impegni delle spese correnti (art. 24, comma 2, L. 448/01)

 

Il complesso delle spese correnti per l’anno 2002, rilevanti ai fini del calcolo del disavanzo finanziario di cui al comma 1, non può superare l’ammontare degli impegni a tale titolo assunti nell’anno 2000 aumentati del 6 per cento.

 

3) Obiettivo dei pagamenti delle spese correnti (art. 24, comma 4, L. 448/01)

 

Il complesso delle spese correnti per l’anno 2002, rilevanti ai fini del calcolo del disavanzo finanziario di cui al comma 1, non può superare l’ammontare dei pagamenti a tale titolo assunti nell’anno 2000 aumentati del 6 per cento [5].

 

 

 

Gli obiettivi per il 2003 e 2004:

il comma 5 dell’art. 24 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 attribuisce una valenza triennale alla manovra relativa al patto di stabilità interno. In particolare, la norma prevede che per gli anni 2003 e 2004, le province e i comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti riducano il proprio disavanzo attraverso un ulteriore intervento correttivo pari al 2 per cento della spesa corrente dell’anno precedente rilevante ai fini del saldo.

Tale intervento correttivo si applica al disavanzo dell’anno precedente incrementato del tasso di inflazione programmato.

 

 

Le sanzioni ed il sistema premiante per il 2002:

SANZIONE N. 1 – art. 24, comma 9, L. 448/2001

 

Se l’ente, tenuto al rispetto della normativa in tema di patto di stabilità interno (province e comuni con più di 5000 abitanti) non rispetta per l’anno 2002 i limiti di cui al comma 4, della L. 28 dicembre 2001, n. 448 (ovvero il limite dei pagamenti)  l’importo dei trasferimenti erariali ad esso spettante è ridotto in misura pari alla differenza tra gli obiettivi derivanti, per lo stesso ente, dall’osservanza del medesimo comma 4 e i risultati conseguiti.

 

 

SISTEMA PREMIANTE – art. 24, comma 9, L. 448/2001

           

Le risorse che si rendono disponibili per effetto dell’applicazione della suindicata sanzione n. 1,  sono attribuite, con decreto del Ministro dell’interno di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, alle province e ai comuni che abbiano rispettato i medesimi limiti. A tale scopo  gli enti locali soggetti al patto di stabilità interno debbono trasmettere al Ministero dell’economia e delle finanze le informazioni concernenti il rispetto dell’obiettivo di cui al comma 4 della L. 28 dicembre 2001, n. 448.

 

SANZIONE N. 2 – art. 24, comma 9, L. 448/2001

 

In caso di mancata trasmissione delle informazioni al Ministero l’ente viene considerato come inadempiente ai fini del raggiungimento dell’obiettivo e i trasferimenti ad esso spettanti sono ulteriormente ridotti dell’1 per cento.

 

SANZIONE N. 3 - art. 19, comma 1, L. 448/2001

 

Per l’anno 2002, alle province, ai comuni, alle comunità montane ed ai consorzi di enti locali che non abbiano rispettato le disposizioni del patto di stabilità interno per l’anno 2001 è fatto divieto di procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato. A tal fine i singoli enti locali in caso di assunzione del personale devono autocertificare il rispetto delle disposizioni relative al patto di stabilità interno per l’anno 2001.

 

SANZIONE N. 4 - art. 28, comma 3, L. 448/1998

 

Resta in vigore anche la sanzione prevista nel caso specifico di mancata realizzazione degli obiettivi indicati nel piano finanziario quinquennale (se adottato) di riduzione di almeno il 10% del rapporto debito/P.I.L..

 

 

Monitoraggio del Ministero dell’Economia:

il comma 10, dell’art. 24, della L. 448/2001, prevede un monitoraggio trimestrale nei confronti delle regioni, delle province autonome di Trento e di Bolzano, delle province e dei comuni con popolazione superiore a 60.000 abitanti.

 

 

 

 

 

● LE PROBLEMATICHE FINANZIARIE-GESTIONALI DERIVANTI DAI VINCOLI DEL PATTO DI STABILITÀ INTERNO

 

 

a) La legittimità del bilancio preventivo

 

Subito dopo l’introduzione ex novo della normativa sul patto di stabilità interno la Direttiva del 18 febbraio 1999 (giova ricordare a firma congiunta del Ministero dell’Interno e del Ministero del Tesoro del Bilancio  e della Programmazione Economica) si affrettava a precisare che il patto di stabilità interno “indica dei risultati da raggiungere, e in questo senso è prescrittivo, ma non pone dei vincoli sulle modalità di raggiungimento dei risultati, che possono essere diversamente calibrate, e in questo senso è programmatico. In sintesi, il patto di stabilità impone oneri e non obblighi, nel senso che impone il raggiungimento di un risultato ma non impone l‘utilizzazione di determinati strumenti per il suo raggiungimento. Conseguentemente le indicazioni contenute nell’articolo 28, comma 2, non costituiscono requisiti di legittimità dei documento di bilancio…. A maggior ragione non rilevano dal punto di vista della legittimità dei bilanci preventivi e dei futuri assestamenti le previsioni relative alla riduzione dell’indebitamento pregresso … che …. non costituiscono neppure un autonomo onere.”

 

            La succitata presa di posizione ministeriale era palesemente diretta ad impedire rilievi da parte degli organi di controllo in ordine alla legittimità del bilancio preventivo, riportando tutta la questione a livello gestionale nel rispetto dell’autonomia degli enti.

 

            Ciò nonostante, la successiva circolare 12 marzo 1999, n.11, del Ministero del Tesoro  del Bilancio  e della Programmazione Economica evidenzia che, pur riguardando la gestione di cassa, il patto di stabilità interno “dovrebbe influire anche sulle previsioni di competenza”. Infatti, le eventuali azioni di miglioramento del saldo finanziario (da realizzare con riduzione delle spese correnti e con aumento delle entrate proprie) “devono esprimersi nel processo di formazione dei bilanci ed influire sulle previsioni di competenza, oltre che sugli impegni e accertamenti del conto consuntivo.”

 

            Tale posizione è stata, fra l’altro, confermata dalla successiva normativa attuativa [6].

 

            L’evoluzione verso il riconoscimento di qualche conseguenza anche a livello previsionale,  sembra confermata dall’art. 24 della L. 28 dicembre 2001, n. 448, laddove al comma 2, introduce il vincolo sull’assunzione degli impegni di alcune spese correnti.

 

            Anche la recente circolare del Ministero dell’economia e delle finanze n. 11 del 26 febbraio 2002, evidenzia che, pur non essendoci nella norma  alcun riferimento esplicito alle previsioni di bilancio a differenza di quanto previsto dalle regole del patto di stabilità interno introdotte per gli anni precedenti, tuttavia, “è ragionevole ipotizzare che anche le regole inerenti il patto di stabilità per l’anno 2002 dovrebbero produrre effetti sulla determinazione degli stanziamenti del bilancio di previsione (o nella fase iniziale o nel corso delle successive variazioni): infatti, non è pensabile che un’azione strutturale di riduzione dei disavanzi (da realizzare attraverso il contenimento della spesa corrente e con aumenti delle entrate proprie) non abbia conseguenze sul processo di formazione dei bilanci e quindi sulle previsioni di competenza, oltre che sugli impegni e accertamenti del conto consuntivo.”

 

La medesima circolare aggiunge, altresì, che sussiste un collegamento tra il vincolo sugli impegni a quello sul saldo finanziario di cassa e “tale correlazione si deve intendere nel senso che la gestione di competenza – in quanto produttrice, a livello di impegni, di effetti finanziari sulla cassa – deve essere costantemente tenuta sotto stretto monitoraggio da parte dell’Ente per non determinare una crescita incontrollata dei pagamenti in conto competenza che, unitamente ai pagamenti in conto residui, non consentirebbe il rispetto di uno o di entrambi i vincoli previsti dalla legge finanziaria del 2002.”.

 

Una volta visionato il quadro normativo, una domanda che operativamente ci si pone spesso nel corso dell’anno 2002 riguarda la questione della legittimità del bilancio nell’ipotesi in cui, dallo stesso documento, si possa dedurre oggettivamente l’incapacità di raggiungere gli obiettivi prefissati.

 

Alla ricerca di soluzioni, certamente non giova il fatto che le regole si conoscono troppo tardi, di solito a dicembre, in sede di emanazione della legge finanziaria, quando ormai molti enti hanno già predisposto o addirittura approvato il bilancio preventivo. In quest’ultimo caso, il problema evidenziato non cambia, ma si sposta solamente dal momento della formazione al momento della gestione del bilancio.

 

            La direttiva sull’applicazione del patto di stabilità interno del 18 febbraio 1999 sembrava risolvere la questione come sopra riportato, evidenziando che le indicazioni del patto di stabilità interno, non costituiscono requisiti di legittimità dei documenti di bilancio.

 

Tuttavia, a seguito delle nuove regole introdotte dall’art. 24 della L. 28 dicembre 2001, n. 448 la questione sembra riproporsi questa volta in modo più incisivo.

 

            Infatti, il comma 2 del succitato articolo introduce espressamente precisi vincoli sulla competenza: “per l’anno 2002, il complesso delle spese correnti, al netto degli interessi passivi e di quelle finanziate da programmi comunitari, non può superare l’ammontare degli impegni a tale titolo assunti nell’anno 2000 aumentato del 6 per cento”.

 

            E’ chiaro che il paragone tra gli anni 2000 e 2002 per ovvie esigenze di omogeneità di dati va fatto tra impegni assunti (nel 2000) e impegni da assumere (nel 2002), per cui rimane pur sempre una questione da prendere in considerazione durante la gestione dell’anno 2002; non si può tuttavia prescindere dal fatto che l’ammontare degli stanziamenti del bilancio di previsione deve essere a sua volta calcolato sul volume degli impegni che presumibilmente verranno assunti nel periodo di riferimento, secondo il ben noto principio della competenza finanziaria.

 

            Pertanto, un certo collegamento, seppur non matematico (almeno nella maggioranza dei casi), sussiste tra previsioni di bilancio, limiti agli impegni e limiti ai pagamenti, di cui ai commi 2 e 4 del succitato articolo 24 e ciò è stato riconosciuto anche dalla circolare del Ministero dell’economia e delle finanze n. 11 del 26 febbraio 2002.

 

            L’importanza e la delicatezza della questione si avverte anche sotto il profilo della responsabilità conseguente al mancato raggiungimento dell’obiettivo di cui al comma 4 (limite dei pagamenti); la sanzione prevista consiste nella riduzione  dei trasferimenti erariali in misura pari alla differenza tra gli obiettivi e i risultati conseguiti.

 

            Dal punto di vista operativo la verifica del rispetto del limite degli impegni e dei pagamenti si effettua seguendo le regole generali di riscontro dell’attendibilità di bilancio, ovvero, attraverso calcoli, perlopiù statistici, di individuazione del trend prospettico partendo da quello storico e disaggregando le spese correnti in tipologie particolarmente significative (ad esempio, personale, acquisto di beni, servizi ecc.)

 

            Ma quali potrebbero essere le conseguenze se così facendo si evidenzia un trend evolutivo inconciliabile con il raggiungimento degli obiettivi del patto di stabilità interno?

 

            Se le cose stanno proprio così come formulato nella domanda, sembra evidente che vi siano le condizioni per dubitare della legittimità del bilancio, visto che le previsioni ivi contenute difficilmente permettono il rispetto di una norma di legge, peraltro in parte sanzionata. Ovviamente, la situazione prospettata deve essere anche quantitativamente significativa rispetto ai livelli complessivi del bilancio di parte corrente; di conseguenza, in questo caso, anche i pareri di regolarità contabile del responsabile del servizio finanziario e dell’organo di revisione devono tenerne conto.

 

            Se invece, la probabilità di un mancato raggiungimento non è poi così evidente o sembra esserci un margine sufficiente per attuare durante l’anno manovre di contenimento dell’assunzione degli impegni di spesa e dei flussi dei pagamenti, allora non vi sono elementi tali da dubitare della legittimità del bilancio, pur essendo opportuno evidenziare comunque la situazione di rischio nei pareri di regolarità contabile del responsabile del servizio finanziario e dell’organo di revisione.

 

            Tali considerazioni, finora focalizzate sul bilancio preventivo, trovano applicazione anche nella gestione dello stesso, durante l’esercizio 2002, con particolare riferimento alla delibera dello stato di attuazione dei programmi e di salvaguardia degli equilibri di bilancio (art. 193 del Tuel) e alla delibera di assestamento (art. 175, comma 8, Tuel).

 

 

 

b) La crescente importanza della gestione di cassa e della contabilità di cassa

 

 

Generalmente non si avverte la portata del cambiamento in atto: nell’ambito e non in antitesi con l’autonomia degli enti locali, peraltro costituzionalmente garantita, il principio secondo il quale gli enti locali debbono concorrere al raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica sembra rafforzarsi di anno in anno ed è destinato a produrre regole applicative mutevoli in relazione alle priorità stabilite di volta in volta dal D.P.E.F..

 

Patto di stabilità vuol dire innanzitutto riporre maggiore attenzione alla contabilità di cassa e alla previsione dei flussi dei pagamenti delle spese e delle riscossioni delle entrate; un aspetto gestionale che sembra distante anni luce dall’ultima riforma dell’ordinamento finanziario e contabile del 1995 (D. Lgs. 77/95) e che ora torna in auge a seguito degli impegni comunitari del nostro Paese.

 

 

c) L’introduzione di concetti macroeconomici

 

Patto di stabilità vuol dire anche introduzione di nuovi concetti gestionali di tipo macroeconomico (saldi di cassa, disavanzo, monitoraggio, limiti sugli impegni di spesa, ecc.) che condizionano certamente il modo di agire verso il raggiungimento di precisi risultati, ma lasciano completa libertà ed autonomia sugli strumenti e sulle modalità utilizzabili. Infatti, è lo stesso legislatore che “consiglia” l’adozione di alcune azioni (dette manovre correttive) già nella prima formulazione del patto di stabilità interno nell’art. 28 della L. 23 dicembre 1998, n. 448.

 

 

 

● LE POLITICHE DI BILANCIO CON RIFERIMENTO AI VINCOLI DEL PATTO DI STABILITÀ INTERNO

 

 

 

a) Le azioni correttive consigliate dal legislatore:

 

Art. 28, comma 2, L. 23/12/98, n. 448:

 

“La riduzione sarà ottenuta attraverso le seguenti azioni:

a) perseguimento di obiettivi di efficienza, aumento della produttività e riduzione dei costi nella gestione dei servizi pubblici e delle attività di propria competenza;

b) contenimento del tasso di crescita della spesa corrente rispetto ai valori degli anni precedenti;

c) potenziamento delle attività di accertamento dei tributi propri ai fini di aumentare la base imponibile;

d) aumento del ricorso al finanziamento a mezzo prezzi e tariffe dei servizi pubblici a domanda individuale;

e) dismissione di immobili di proprietà non funzionali allo svolgimento della attività istituzionale.”

 

Circolare 12 marzo 1999, n.11, del Ministero del Tesoro  del Bilancio  e della Programmazione Economica:

 

“a) aumento della produttività e riduzione dei costi nella gestione dei servizi pubblici e delle attività di propria competenza;

b) contenimento del tasso di crescita della spesa corrente rispetto ai valori degli anni precedenti. E’ il primo parametro più immediato da valutare per verificare la portata degli interventi di cui alla lettera  precedente;

c) potenziamento delle attività di accertamento dei tributi propri. Trattasi di operazione da impostare anche nel bilancio di previsione annuale ed in quello pluriennale;

d) aumento del ricorso al finanziamento a mezzo prezzi e tariffe dei servizi pubblici a domanda individuale;

e) dismissione di immobili di proprietà non funzionali allo svolgimento delle attività istituzionali. Da tale elencazione emerge chiaramente l’intento del Legislatore di evitare che gli obiettivi siano perseguiti attraverso la riduzione di spese per investimenti. Inoltre, il comma 7 precisa che nella riduzione del disavanzo annuo deve comunque essere mantenuta la corrispondenza tra funzioni e risorse, al fine di assicurare l’efficienza e l’efficacia dell’attività amministrativa, verificando tale       corrispondenza attraverso le procedure del controllo economico di gestione.”

 

Art. 30, comma 8, L. 23 dicembre 1999, n. 488:

 

“All'articolo 28 della legge 23 dicembre 1998, n.448, dopo il comma 2, è inserito il seguente:

a) ridurre la spesa per il personale, ai sensi di quanto previsto dall'articolo 39, commi 19 e 20-bis, della legge 27 dicembre 1997, n.449, e successive modificazioni;

b) limitare il ricorso ai contratti stipulati al di fuori della dotazione organica ed alle consulenze esterne, laddove tali iniziative siano previste dai rispettivi ordinamenti, e procedere alla soppressione degli organismi collegiali non ritenuti indispensabili, ai sensi dell'articolo 41, comma 1, della legge 27 dicembre 1997, n.449;

c) sviluppare le iniziative per la stipula di contratti di sponsorizzazione, accordi e convenzioni previsti dall'articolo 43 della legge 27 dicembre 1997, n.449, allo scopo di realizzare maggiori economie nella gestione;

d) ridurre il ricorso all'affidamento diretto di servizi pubblici locali a società controllate o ad aziende speciali ed al rinnovo delle concessioni di tali servizi senza il previo espletamento di un'apposita gara di evidenza pubblica;

e) sviluppare iniziative per il ricorso, negli acquisti di beni e servizi, alla formula del contratto a risultato, di cui alla norma UNI 10685, rispondente al principio di efficienza ed economicità di cui all'articolo 4, comma 3, lettera c), della legge 15 marzo 1997, n.59".

f) procedere alla liberalizzazione del mercato dei servizi pubblici, rimuovendo gli ostacoli all'accesso di nuovi soggetti privati e promuovendo lo sviluppo dei servizi pubblici locali mediante l'utilizzo di tecniche di finanziamento con ricorso esclusivo a capitali privati;

g) utilizzare a fini di reinvestimento le somme accantonate per ammortamento di beni, in base alle disposizioni dell'articolo 9, comma 1, e dell'articolo 117, comma 1, del decreto legislativo 25 febbraio 1995, n. 77, la cui obbligatoria applicazione decorre dall'esercizio finanziario 2001, salva la facoltà degli enti locali di anticiparla fin dall'esercizio 2000. Restano fermi i valori percentuali relativi alla determinazione degli importi degli ammortamenti, di cui al citato articolo 117, comma 1.”

 

Molte di queste manovre appaiono difficilmente attuabili, almeno in tempi brevi, negli enti locali; tuttavia costituiscono validi esempi di manovre teoricamente efficaci al fine di ricondurre la gestione di cassa nei limiti dell’obiettivo del disavanzo o saldo finanziario.

 

 

 

 

b) Separare le spese correnti dalle spese di investimento

 

 

A livello operativo si consiglia di verificare e rivedere l’allocazione di alcune voci di bilancio, nei limiti della correttezza amministrativa e contabile [7], per non penalizzare la situazione dell’ente nei confronti dei vincoli del patto di stabilità interno. In altri termini, si tratta di depurare le spese correnti (titolo1) di tutte quelle spese che riguardano investimenti e andrebbero più correttamente allocate nelle spese in conto capitale (titolo 2).

 

Il caso tipico è costituito dall’utilizzo degli introiti degli oneri di urbanizzazione; per legge sono allocati nel tit. IV di entrata e possono finanziare sia spese correnti (manutenzione ordinaria del patrimonio), che spese in conto capitale [8].

 

Se finanziano in larga misura spese correnti (titolo 1), sembra opportuno verificare se ciò avviene per spese correnti effettive (ad esempio manutenzioni ordinarie) o per spese che hanno natura di investimento (ad esempio incarichi professionali [9]); in quest’ultima fattispecie è possibile spostare gli stanziamenti di spesa dal titolo 1 al titolo 2 (spese in conto capitale), mantenendo ferma la stessa fonte di finanziamento.

 

Le stesse considerazioni ed i medesimi consigli valgono anche per i piccoli investimenti come i personal computer, i software, le macchine elettroniche, i condizionatori, i piccoli arredi, che di solito vengono allocati, non proprio correttamente, nel titolo 1, spese correnti. 

Per tali tipologie di spese si dovrebbe, invece, applicare gli ammortamenti alla parte corrente del bilancio, ai sensi degli art. 117, 229 e 230 del Tuel, D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267.

 

Tale soluzione, pur essendo avversata perché crea difficoltà di pareggio di bilancio [10], può essere una valida soluzione ai fini del patto di stabilità perché “alleggerisce” il titolo 1 di spesa (tali spese non sono impegnate)  e permette di “spostare” al titolo 2 quella miriade di piccole spese che di fatto possono essere considerate spese di investimento.

 

 

c) Individuare e allocare correttamente le spese eccezionali di parte corrente (intervento n. 8 del titolo 1)

 

 

Per quanto riguarda le spese di parte corrente qualificabili in qualche modo come  “eccezionali” ai fini del patto di stabilità interno (punto 1.2. della  Circolare 4/2000 e D.M.1/8/2000), sembra opportuno allocarle nell’intervento n. 8 denominato appunto “oneri straordinari della gestione corrente”; ciò facilità i calcoli e “alleggerisce” la situazione dell’ente ai fini del patto di stabilità.

 

 

 

d) Esternalizzare servizi

 

La manovra di gran lunga più importante nella maggioranza degli enti locali consiste nelle esternalizzazioni di servizi; tale manovra rientra, fra l’altro, anche negli obiettivi di politica economica nazionale.

 

L’effetto consiste nel concorrere direttamente e positivamente al miglioramento del saldo e degli altri limiti delle spese correnti di cui all’art. 24 della legge 28 dicembre 2001, n. 448.

 

Sembra opportuno precisare che ciò si ottiene solo nel caso di esternalizzazioni di servizi che incidono nel bilancio con entrate e con spese, ma non di certo se l’esternalizzazione riguarda un servizio che presenta solo spese, a meno che non vi sia anche una contemporanea riduzione dei costi [11].

 

 

 

e) Contrarre i pagamenti delle spese correnti

 

 

La contrazione dei pagamenti riveste una importanza prioritaria in considerazione che il mancato rispetto del limite sui pagamenti (art. 24, comma 9, L. 448/2001) è sanzionato.

 

In tema di contrazione dei pagamenti, varie sono le ipotesi possibili di manovra: vi sono quelle che coinvolgono solamente l’ultima fare del procedimento di erogazione della spesa (i pagamenti per l’appunto) e quelle che considerano tutto il processo di spesa (impegni, liquidazioni e pagamenti).

 

Il semplice rallentamento dei pagamenti comporta vari problemi:

-                      difficoltà nei rapporti con i fornitori, con i destinatari dei contributi, ecc.;

-                      problemi nell’applicazione delle regole del patto di stabilità degli anni successivi (2003-2004);

-                      difficoltà nel garantire l’applicazione dei tempi massimi (30 giorni salvo diversa pattuizione contrattuale) per il pagamento delle fatture, con il rischio di dover corrispondere anche interessi moratori (direttiva comunitaria 2000/35/Ce del 29/6/2000 recepita nella legge n. 39 del 1 marzo 2002).

 

Si auspica che il semplice rallentamento dei pagamenti non sia l’unica strada perseguita, ma vi sia, a monte, una responsalizzazione diffusa in capo agli amministratori ed ai funzionari/dirigenti rivolta ad uniformare la gestione dei servizi agli obiettivi del patto di stabilità interno.

 

 

 

 

● IL MONITORAGGIO DI CASSA

 

            Fondamentale importanza per il raggiungimento degli obiettivi riveste inoltre un attento e costante monitoraggio dei flussi di cassa, con l’applicazione di opportune azioni correttive nel caso in cui l’andamento della situazione di cassa lasci prevedere il mancato raggiungimento degli obiettivi stessi.

 

            A livello operativo ciò di fatto comporta l’applicazione di una contabilità di cassa che ciascun ente applicherà in modo del tutto autonomo e consono alle proprie esigenze.

 

            Sembra pleonastico evidenziare l’aumento delle funzioni e dei compiti del servizio economico-finanziario nell’ambito dell’organizzazione e delle funzioni degli enti locali.

 

 

 

 

● LA RESPONSABILITA’ PER IL MANCATO RAGGIUNGIMENTO DEGLI OBIETTIVI DEL PATTO DI STABILITA’ INTERNO

 

 

La direttiva del 18 febbraio 1999 chiarisce la tipologia di responsabilità che fa capo agli enti locali in materia di patto di stabilità interno: “… le prescrizioni contenute nell’articolo 28 … Sono irrilevanti dal punto di vista del controllo di legittimità dei bilanci. Mentre sono rilevanti dal punto di vista della responsabilità finanziaria in cui gli enti possono incorrere in caso di mancato raggiungimento dei risultati…… i presupposti e le condizioni dell’eventuale responsabilità sono descritti nei commi 6 e 8 dell’articolo 28, dove è chiarissimo che si risponde appunto in termini di responsabilità e non di legittimità/illegittimità dei singoli bilanci e assestamenti.”

 

            La succitata direttiva sottolinea quanto già noto e cioè che la responsabilità deriva non da eventuali atti illegittimi, bensì dal mancato raggiungimento dei risultati.

 

            Il sistema premiante e allo stesso tempo sanzionatorio previsto per l’anno 2002 evidenzia ancorpiù la fattispecie delineata; infatti, la sanzione viene commisurata all’entità dello scostamento rispetto all’obiettivo.

 

            Vale la pena di far presente che la sanzione prevista per l’anno 2002 riguarda il vincolo dei pagamenti di alcune spese correnti e non le altre due fattispecie (obiettivo del saldo e obiettivo degli impegni di alcune spese correnti) e ciò sembra perfettamente coerente con quanto indicato nella direttiva del 18 febbraio 1999 nella parte in cui si chiarisce che “il sistema di sanzioni….. riguardano principalmente, se non esclusivamente, le violazioni dell’obiettivo sul saldo finanziario e non si applicano, se non in circostanze eccezionali, alle  violazioni dell’obiettivo nel rapporto debito/P.I.L..”.

 

            Una cosa sostanzialmente diversa è, invece, la sanzione per la mancata realizzazione degli obiettivi del piano finanziario concernente la riduzione del rapporto debito/P.I.L., nel caso in cui l’ente si sia avvalso della possibilità di estinguere anticipatamente il proprio residuo debito nei confronti della Cassa DD PP [12].

 

            Un altro aspetto importante sotto il profilo dell’eventuale responsabilità che potrebbe derivare dal mancato raggiungimento degli obiettivi dell’anno 2002 è dato dall’abbandono implicito della fattispecie che attenuava gli effetti dell’originario meccanismo sanzionatorio; tale fattispecie fa capo all’art. 28, comma 7, L. 23 dicembre 1998, n. 448: “Nella riduzione del disavanzo annuo deve essere mantenuta la corrispondenza tra funzioni e risorse, al fine di assicurare l'efficienza e l'efficacia dell'attività amministrativa. Le regioni, le province autonome, le province e i comuni verificano tale corrispondenza attraverso le procedure del controllo economico di gestione.”.

 

E’ palese che la mancata riproposizione della succitata norma aggrava la posizione degli enti locali sotto il profilo della responsabilità in ordine al patto di stabilità interno.

 



[1] Bellesia Mauro ( www.bellesiamauro.it ), Il patto di stabilità interno negli enti locali, Collana editoriale ANCI, CEL, Gorle, 2002.  Bellesia Mauro ( www.bellesiamauro.it ), Analisi di bilancio. Dai dati contabili alle valutazioni di efficacia e di efficienza, II edizione con CD, IPSOA, Milano, 2002.

[2] Art. 28, comma 1, L. 23/12/98, n. 448: “Nel quadro del federalismo fiscale, che sarà disciplinato da apposita legge sulla base dei princìpi contenuti nel documento di programmazione economico-finanziaria per gli anni 1999-2001, le regioni, le province autonome, le province, i comuni e le comunità montane concorrono alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica che il Paese ha adottato con l'adesione al patto di stabilità e crescita, impegnandosi a ridurre progressivamente il finanziamento in disavanzo delle proprie spese e a ridurre il rapporto tra il proprio ammontare di debito e il prodotto interno lordo.”

[3] Art. 53, comma 4, L. 23 dicembre 2000, n. 388.

[4] Art. 24, comma 5, legge finanziaria per l’anno 2002, legge 28 dicembre 2001, n. 448.

[5]  Letteralmente l’art. 24, comma 4 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 dispone “Le limitazioni percentuali di incremento di cui al comma 2 si applicano anche al complesso dei pagamenti per spese correnti, come definite dai commi 2 e 3, con riferimento ai pagamenti effettuati nell’esercizio finanziario 2000.”

[6] Circolare 4 febbraio 2000 n. 4 del Ministero del Tesoro  del Bilancio  e della Programmazione Economica:

“8.1.     Valenza giuridica del “patto di stabilità interno” Anche per l’anno 2000 si riconfermano i contenuti della direttiva emanata il 18 febbraio 1999 con la circolare congiunta del Ministero dell’Interno e lo scrivente, circa la mancata rilevanza sotto il profilo della legittimità delle norme del “patto” sull’approvazione delle deliberazioni di bilancio degli Enti.”.  Circolare 6 febbraio 2001, n.6, del Ministero del Tesoro  del Bilancio  e della Programmazione Economica: “Anche per l’anno 2001 si riconfermano i contenuti della direttiva emanata il 18

febbraio 1999 con la circolare congiunta del Ministero dell’Interno e dello scrivente,

circa la mancata rilevanza sotto il profilo della legittimità delle norme del “patto”

sull’approvazione delle deliberazioni di bilancio degli Enti.”

[7] Bellesia M. (www.bellesiamauro.it), Manuale di contabilità per gli enti locali, COLLANA ANCI-CEL, Gorle (Bg), 2001.

[8]  L. 28 gennaio 1997, n. 10 e successive modificazioni. Con la legge finanziaria 1998, L. 27 dicembre 1997, n. 449, decade il limite del 30% dell’utilizzo degli oneri di urbanizzazione per il finanziamento delle spese correnti.

[9] Bisogna ricordare che l’intervento n. 6 del titolo II, spese in conto capitale, è denominato “incarichi professionali esterni” - D.P.R. 31 gennaio 1996.

[10] Le varie pressioni  hanno di fatto rinviato di anno in anno l’obbligo dell’applicazione degli ammortamenti al bilancio preventivo fino al punto di determinarne la facoltatività a partire dall’anno 2002; art. 27, comma 7, L. 28 dicembre 2001, n. 448

[11] Nella fattispecie prospettata entra in gioco l’analisi economica dei servizi oggetto dell’esternalizzazione, come condizione necessaria per valutare la convenienza dell’operazione. Bellesia M. (www.bellesiamauro.it), Manuale di contabilità per gli enti locali, COLLANA ANCI-CEL, Gorle (Bg), 2001.

[12] Art. 28, comma 3, L. 23/12/98, n. 448: “… la mancata realizzazione degli obiettivi del piano comporterà il pagamento della penale calcolata in base alle vigenti disposizioni, da effettuare in tre anni, anche mediante riduzione dei trasferimenti erariali.”.