Azienditalia n. 11 / 1997, pag. 613

 

CONTABILITA'ANALITICA: DEFINIZIONE E METODOLOGIE APPLICATIVE

di Bellesia Mauro Dirigente di Ragioneria Comune di Venezia

 

La contabilità analitica costituisce uno strumento particolarmente efficace ai fini del controllo di gestione. Dopo aver fornito le definizioni utili a rilevare le differenze tra i vari tipi di contabilità (economica, analitica, finanziaria), si illustrano i due metodi applicabili per l'introduzione di un corretto sistema di contabilità analitica, osservando che la scelta spetta, comunque, al regolamento di contabilità dell'ente

 

 

Non solo nel periodo precedente, ma anche nella prima fase di attuazione della nuova riforma dell'ordinamento finanziario e contabile degli enti locali si nota una certa confusione nell'uso della terminologia e dei concetti economici, dovuta principalmente alla forte presenza di operatori con preparazione professionale di tipo amministrativo [1].

Di questa confusione fanno le spese soprattutto la locuzione "contabilità economica", usata spesso al posto di "contabilità analitica", e quest'ultima, usata indistintamente con significato finanziario e con significato economico.

Rinviando qualsiasi approfondimento a trattazioni specifiche [2], si riportano qui di seguito alcune sintetiche definizioni allo scopo di chiarire quanto indicato nel prosieguo dell'articolo.

 

LE DEFINIZIONI

"Contabilità economica"

Indica un sistema di rilevazioni contabili che prende in considerazione l'aspetto economico della gestione, ovvero l'utilizzo e l'impiego delle risorse che hanno rilevanza sotto l'aspetto economico.

Pur essendo una espressione generica e per nulla vincolata ad alcun metodo specifico di scritture contabili, la contabilità economica individua, comunque, l'oggetto e le finalità del sistema di rilevazione, e precisamente la determinazione del valore delle risorse acquisite (proventi) e impiegate (costi) in un dato periodo di tempo, allo scopo di misurare l'incremento o il decremento del valore del patrimonio subìto per effetto della gestione (proventi meno costi).

 

"Contabilità analitica"

La contabilità analitica fa parte della contabilità direzionale, cioè della contabilità diretta alle esigenze di chi dirige o governa l'azienda/ente e usualmente consiste in una tecnica amministrativa riguardante la predeterminazione, la rilevazione, la localizzazione, l'imputazione, l'assegnazione, il controllo e l'analisi dei costi e dei ricavi di gestione.

Ha origine e si sviluppa dall'esigenza di conoscere meglio determinati aspetti produttivi interni, come, ad esempio, i costi dei prodotti venduti, i costi delle singole attività svolte e i costi di ciascun stabilimento, deposito, linea produttiva, ufficio, ecc.

E', in estrema sintesi, una contabilità economica focalizzata su fenomeni specifici particolarmente significativi e diretta a fornire utili informazioni per coordinare in modo più razionale i fattori produttivi a disposizione.

 

Il significato della locuzione "contabilità analitica" ante D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77

Nel settore degli enti locali era abbastanza diffuso, prima della recente riforma finanziaria e contabile, il concetto di "contabilità analitica", intendendo con ciò un significato del tutto particolare, circoscritto e limitato all'ambito delle disposizioni normative della contabilità pubblica finanziaria [3].

Per contabilità analitica si faceva riferimento a livelli di disaggregazione di bilancio maggiori di quelli imposti dalla legge; si dividevano le spese, ad esempio, per servizi, settori, attività di supporto, ecc.; si individuavano i cosiddetti "centri di spesa" associandoli a precisi soggetti responsabili.

L'aggettivo "analitico" significava scomporre le unità elementari di bilancio in articoli (o quant'altro) in modo di ottenere maggiori informazioni sulla destinazione delle spese.

Il punto critico di tali analisi (nel sistema contabile precedente il D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77) stava nel fatto che la conoscenza più dettagliata di come erano spesi i fondi di bilancio assegnati non forniva automaticamente informazioni sull'entità dei fattori produttivi impiegati o consumati. In altri termini, la "contabilità analitica" intesa come disaggregazione della contabilità finanziaria si riferiva in ogni caso alle sole "spese" e non ai "costi" delle attività esercitate [4].

Se, forzando le potenzialità del sistema contabile utilizzato, si cercava di fare assumere ad analisi prettamente finanziarie anche significati economici, si commetteva un grave errore concettuale-metodologico e si correva il rischio di pervenire a posizioni o risultati fuorvianti, a seguito della inevitabile confusione dei principi contabili.

 

I NUOVI CONFINI TRA CONTABILITA'FINANZIARIA, ECONOMICA E ANALITICA

Le considerazioni svolte in precedenza sull'uso distorto della locuzione "contabilità analitica" decadono, in parte, con il nuovo regime contabile introdotto dal D.Lgs. n. 77/95 che, fra l'altro, dispone una rendicontazione delle attività di un ente locale non solo sotto l'aspetto finanziario, ma anche sotto gli aspetti economico e patrimoniale.

La rendicontazione finanziaria si attua con il conto del bilancio ed ha (come sempre) lo scopo principale di verificare la funzione autorizzatoria del bilancio preventivo.

La rendicontazione economica si effettua con il conto economico, evidenziando le quantificazioni monetarie delle risorse impiegate o consumate (costi) e delle risorse acquisite (proventi) nella gestione complessiva.

La rendicontazione patrimoniale è rilevata in modo sintetico nel conto del patrimonio, che evidenzia i valori delle attività e delle passività patrimoniali determinando, per differenza, la consistenza del patrimonio netto.

Per pervenire al conto economico e al conto del patrimonio è stata indicata la via del prospetto di conciliazione [5], che si basa su una logica precisa: dalla constatazione che i nuovi concetti di accertamento e di impegno si avvicinano di molto (almeno nella maggioranza dei casi) ai concetti di provento e di costo, risulta abbastanza agevole la trasformazione dei dati finanziari in dati economico-patrimoniali.

Infatti, gli impegni rilevati in contabilità finanziaria costituiscono non solo un accantonamento di somme per un determinato scopo, ma anche dei debiti effettivi; l'art. 27 del D.Lgs. n. 77/95 dispone che vi debba essere una "obbligazione giuridicamente perfezionata" e l'art. 34 vieta la conservazione tra i residui passivi di "somme non impegnate ai sensi dell'art. 27".

Le norme succitate escludono, pertanto, la possibilità di mantenere in contabilità finanziaria i cosiddetti "residui di stanziamento".

Conseguentemente, gli impegni di parte corrente diventano valori rappresentativi dei costi sostenuti nel medesimo periodo, previe le dovute rettifiche e integrazioni di fine periodo, così come avviene, del resto, anche nella contabilità generale usualmente impiegata nelle imprese.

Analogamente, quanto rilevato per gli impegni vale anche per gli accertamenti: l'art. 21 prevede, fra l'altro, la "sussistenza di un idoneo titolo giuridico", l'individuazione del debitore e la quantificazione della somma da incassare; l'art. 33 vieta la conservazione di somme tra i residui attivi se non esiste "un titolo giuridico che costituisca l'ente locale creditore della correlativa entrata".

Gli accertamenti di parte corrente sono, pertanto, crediti effettivi e come tali sono anche espressivi dei ricavi relativi al medesimo periodo, previe, anche in questo caso, le dovute rettifiche e integrazioni di fine periodo.

L'iter previsto dal D.Lgs. n. 77/95 per la formazione del conto economico e del conto del patrimonio corrisponde, comunque, a una metodologia alquanto semplificata che si addice agli enti di minori dimensioni.

L'alternativa alla metodologia semplificata del prospetto di conciliazione, certamente più consona a strutture complesse e a volumi elevati di operazioni, è la tenuta di una contabilità generale (così come avviene nelle imprese) affiancata alla contabilità finanziaria.

La redazione del conto economico dell'ente nel periodo considerato, nonché del conto del patrimonio, non risolve comunque il problema della determinazione dei costi e dei proventi dei singoli servizi o delle attività svolte, che costituisce, invece, l'oggetto principale della contabilità analitica.

Tuttavia, come si vedrà in seguito, la contabilità economica (o meglio contabilità generale) costituisce un validissimo punto di partenza per l'implementazione di un sistema di contabilità analitica.

 

UNO STRUMENTO DI CONTROLLO DI GESTIONE

Negli ultimi decenni l'ente locale ha assunto un ruolo determinante nel territorio quale soggetto erogatore di servizi, non solo istituzionali ovvero obbligatori, ma anche a richiesta dei cittadini (servizi a domanda individuale), con ampie soluzioni organizzative che spaziano dalla gestione in economia all'affidamento a terzi, alle gestioni miste.

L'ente locale ha, inoltre, notevoli funzioni di promozione e di sviluppo per le attività economiche, culturali, turistiche, sportive, ecc. svolte nel territorio.

A fronte delle varie attività svolte e delle modalità gestionali estremamente diversificate e poco standardizzabili, risulta indispensabile conoscere anche i risultanti contabili (finanziari, economici e patrimoniali) delle singole attività, così come usualmente avviene in un'impresa nei riguardi dei singoli prodotti venduti, delle singole commesse o dei singoli servizi prestati.

La contabilità analitica si presta, per sua natura, a tali tipologie di indagine ed è particolarmente utile ai fini del controllo di gestione.

Il punto di riferimento normativo per l'introduzione di una contabilità analitica è costituito dall'art. 74 del D.Lgs. n. 77, che recita testualmente "Gli enti locali (...) adottano il sistema di contabilità che più ritengono idoneo per le proprie esigenze", rinviando la scelta al regolamento di contabilità.

Con tale possibilità e, allo stesso tempo, con tale obbligo di scelta, si dispone l'organizzazione contabile in grado di rilevare, nel modo più semplice possibile, costi e ricavi dei singoli servizi e all'interno di questi dei singoli centri di costo (laddove costituiti ai sensi dell'art. 11 dello stesso decreto).

Ciò comunque non è ancora sufficiente: costi e ricavi devono essere anche certi, attendibili e disponibili tempestivamente [6].

 

LE METODOLOGIE APPLICATIVE

Una contabilità analitica può essere introdotta negli enti locali sostanzialmente in due modi: con rilevazioni extracontabili e con un sistema di contabilità unica.

 

Metodo delle rilevazioni extracontabili

Per rilevazioni extracontabili si intendono rilevazioni di costi e di ricavi effettuate al di fuori del regime di contabilità obbligatoria o in parziale derivazione della stessa, comunque effettuate in modo non sistematico.

Ad esempio, il conto economico di un servizio piscine comunali può essere ottenuto nel seguente modo, senza dover necessariamente effettuare analoghe rilevazioni per gli altri servizi:

_ trasformazione degli impegni di spesa (del servizio piscine comunali) assunti nell'esercizio in costi, depurando le rilevazioni finanziarie da quelle che non hanno comportato impiego o consumo effettivo di risorse economiche (ad esempio gli accantonamenti di fondi);

_ integrazione dei valori così ottenuti con la determinazione di altri costi che non hanno avuto riflessi finanziari (ad esempio gli ammortamenti dei beni durevoli);

_ altre rettifiche o integrazioni necessarie alla corretta determinazione dei costi (del servizio piscine comunali) intesi come valore monetario delle effettive risorse consumate o impiegate nell'esercizio considerato (tramite ratei e risconti);

_ trasformazione degli accertamenti di entrata (del servizio piscine comunali) assunti nell'esercizio in proventi, secondo la logica della competenza economica e nel rispetto del principio contabile della correlazione tra costi e ricavi [7].

Il conto economico risulta pertanto formulato, nel modo suindicato, prelevando (manualmente) dati e informazioni gestionali del servizio preso in esame dalla contabilità finanziaria e da tutte le altre fonti possibili.

E'un metodo estremamente semplificato, particolarmente adatto agli enti di minori dimensioni; consente di effettuare rilevazioni periodiche (trimestrali, quadrimestrali, ecc.) e di analizzare alcuni servizi con un grado di analisi maggiore rispetto ad altri.

Non offre, comunque, garanzie sulla piena attendibilità dei dati raccolti in quanto manca una verifica di quadratura complessiva, che, invece, è garantita dall'impiego di un sistema di contabilità unica.

 

Sistema di contabilità unica

In alternativa alla soluzione prospettata al paragrafo precedente, e previo utilizzo di adeguati strumenti informatici, è ormai possibile e anche realisticamente fattibile la tenuta di una contabilità generale a partita doppia affiancata alla contabilità finanziaria obbligatoria per tutti gli enti locali.

L'utilizzo della contabilità generale, pur appesantendo indubbiamente l'attività contabile, permette di pervenire con una certa facilità alla redazione del conto economico e dello stato patrimoniale complessivi (di tutti i servizi dell'ente), seguendo metodologie applicative largamente sperimentate nel settore privato.

La prima conseguenza è l'inutilità del prospetto di conciliazione; inutilità che discende dall'utilizzo di uno strumento più sofisticato per raggiungere gli stessi scopi (redazione del conto economico e del conto del patrimonio).

La contabilità generale, tuttavia, non esaurisce le proprie potenzialità nel permettere una sistematica rilevazione di tutti i dati economici della gestione, verifiche e controlli di quadratura derivanti dall'applicazione del metodo della partita doppia, nonché sintesi periodiche economiche e patrimoniali; rappresenta anche il punto di partenza per l'impiego sistematico della contabilità analitica.

Una idonea codificazione di conti e sottoconti permette, infatti, la suddivisione dei costi (già rilevati secondo la natura degli stessi in contabilità generale) per centro di costo, che può corrispondere sia ad una specifica unità organizzativa (ad es. un edificio scolastico), sia ad una attività specifica (ad es. attività pedagogica) [8].

Il sistema prospettato di contabilità unica funziona nel seguente modo: numerose operazioni nella contabilità generale risultano completamente automatizzabili e derivano dalle corrispondenti movimentazioni registrate in contabilità finanziaria; altre, invece, (stimabili nel 10 per cento circa) devono essere effettuate manualmente e rappresentano per lo più le rettifiche e le registrazioni di fine periodo.

Sulla contabilità generale che conduce alle sintesi del conto economico e dello stato patrimoniale si innesta, pertanto, la contabilità analitica, disaggregando i costi e i proventi per ciascun centro di analisi (centri di costo e centri di ricavo).

La maggiore complessità contabile è compensata dal vantaggio di ottenere in tempo reale (o quasi) le informazioni che necessitano al controllo di gestione e precisamente: i costi e i proventi per servizio, per centro di responsabilità, per centro di costo, per attività esercitata, ecc.

Tale sistema di contabilità unica, che presenta svariate soluzioni operative più o meno complesse, si configura particolarmente idoneo agli enti di medio-gradi dimensioni, mentre la prima soluzione (rilevazioni extracontabili) è più indicata alle esigenze dei piccoli enti che denotano complessità gestionali minori.

 

LA CONTABILITA'ANALITICA RIFLETTE L'ORGANIZZAZIONE

I costi e i ricavi sono imputati in contabilità analitica ai servizi individuati dal D.P.R. 31 gennaio 1996, n. 194, poiché tale è la struttura del bilancio preventivo e del rendiconto.

Per gli enti locali che hanno approvato anche il Piano esecutivo di gestione, suddividendo i servizi in centri di costo, risulta necessario imputare i costi a questi ultimi; ciò al fine di far coincidere le responsabilità reali con la responsabilità di bilancio (o di Piano esecutivo di gestione), che rappresenta uno dei principi cardine del nuovo sistema di programmazione e di rendicontazione di cui alla riforma del D.Lgs. n. 77/95 [9].

La suddivisione del bilancio e del Piano esecutivo di gestione prevista dalla legge fa emergere, fra l'altro, alcune problematiche tipiche delle tecniche di applicazione della contabilità analitica.

Dall'analisi della struttura del bilancio sembra, a prima vista, che il legislatore propenda a individuare un sistema di imputazione dei costi e dei proventi meglio definito nel settore aziendale come tecnica di full costing (costo pieno) [10]; secondo questa tecnica bisogna calcolare tutti i costi (fissi, variabili, diretti ed indiretti) che fanno a capo a ciascun servizio o centro di costo: dai costi del personale ai costi per prodotti e servizi, agli ammortamenti dei beni durevoli, ecc.

Ciò ha l'evidente vantaggio di poter considerare ogni servizio come una "impresa" a sé stante, facente capo alla holding ente pubblico; in tale fattispecie più facili risultano, fra l'altro, i raffronti di efficacia e di efficienza con altre realtà pubbliche e private (laddove possibile).

Tuttavia, nella suddivisione dei servizi stabilita dal D.P.R. n. 194/96 risultano indicati sia servizi di line o servizi ben individuabili diretti all'esterno, sia servizi tipicamente interni o di staff; questa impostazione può essere confermata anche nel Piano esecutivo di gestione, per cui l'applicazione della tecnica del full costing trova un limite nell'autonomia organizzativa oltre che nelle peculiarità delle attività esercitate [11].

 

LA SCELTA DEL SISTEMA SPETTA AL REGOLAMENTO DI CONTABILITA

L'art. 74 del D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77/95 (Contabilità economica) prevede che: "Gli enti locali (...) adottano il sistema di contabilità che più ritengono idoneo per le proprie esigenze".

Pur riferendosi letteralmente alla generica definizione di "contabilità economica", l'articolo fa riferimento al sistema contabile che conduce alla redazione del conto economico e del conto del patrimonio, nonché alla misurazione dei costi e dei proventi dei singoli servizi in ossequio delle nuove modalità di rendicontazione e delle esigenze specifiche del controllo di gestione.

E'certamente una scelta difficile, che deve risultare da una attenta analisi costi-benefici ottenuta soppesando le esigenze conoscitive dell'ente, le risorse tecniche a disposizione, le capacità professionali del personale e le conseguenze negative derivanti da un appesantimento del sistema contabile minimale previsto dagli artt. 71 e 72 del D.Lgs. n. 77/95.

Tale scelta, si ricorda, deve avvenire nel regolamento di contabilità da approvare entro il 31 ottobre 1997 per effetto dell'art. 9, comma 7, della legge 15 maggio 1997, n. 127 (c.d. Bassanini-bis).

 

 

 


Note:

1 Bellesia M. " Nuova contabilità per gli enti locali. Esigenza di un linguaggio uniforme ", in Azienditalia n. 0/94.

 

 

2 Si veda al riguardo: Anthony R.N., Principi di contabilità aziendale, Etas Libri, Milano, 1982; Barilatti G., Manuale di contabilità generale e dei costi, Etas Libri, Milano, 1979; Facchinetti I., Il Bilancio di esercizio dell'impresa, Pirola editore, Milano, 1993; Farneti G., Bilancio e gestione dell'ente locale, EBC, Milano, 1995; Furlan S., La contabilità: il sistema unico adeguato, Franco Angeli, Milano, 1986; Mella P., Contabilità generale e bilancio di esercizio, Ipsoa, Milano, 1983; Onida P., Economia d'azienda, Utet, Torino, 1985; Saita M., Il sistema amministrativo evoluto, McGraw-Hill Libri Italia, Milano, 1988; Sciarelli S., Il sistema d'impresa, Cedam, Padova, 1988; Selleri L., Contabilità generale ed industriale per la direzione, Etas Libri, Milano, 1976.

 

 

3 Fino a non molto tempo fa, "contabilità pubblica" era, a tutti gli effetti, sinonimo di "contabilità finanziaria". Solo con l'emanazione del D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77 si è superata questa visione estremamente limitata e arcaica degli eventi della gestione, introducendo per la prima volta l'obbligo di una rendicontazione tridimensionale sotto gli aspetti finanziari, economici e patrimoniali.

 

 

4 Per una analisi più dettagliata tra le diversità dei concetti di "spesa" e di "costo", nonché di "entrata" e di "provento o ricavo", si veda Bellesia M., Manuale di contabilità per gli enti locali, CEL, Gorle BG, 1997, cap. II.

 

 

5 Art. 71, D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77; D.P.R. 31 gennaio 1996, n. 194.

 

 

6 Le esigenze del controllo di gestione richiedono che costi e ricavi dei singoli servizi siano disponibili anche durante l'esercizio e non solo alla fine in sede di rendicontazione; ciò è di basilare importanza per effettuare le verifiche periodiche del grado di raggiungimento degli obiettivi prefissati e, eventualmente, porre in essere azioni correttive. Per approfondimenti si veda Bellesia M., Il controllo di gestione: un manuale per gli enti locali, CEL, Gorle (Bg), in corso di stampa.

 

 

7 Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e dei Ragionieri, Principi contabili.

 

 

8 In riferimento alle esigenze specifiche degli enti locali si ipotizzano due soluzioni operative di contabilità unica: nella prima la contabilità analitica è tenuta a partita doppia con l'utilizzo di appositi sottoconti della contabilità generale; nella seconda soluzione la contabilità analitica è tenuta a partita semplice, staccata dalla contabilità generale, ma, comunque, con una serie di controlli di quadratura. Questa seconda soluzione, più semplice rispetto alla prima, sembra migliore perché permette comunque la determinazione dei costi e dei proventi dei servizi, senza appesantire troppo l'attività ragioneristica.

 

 

9 Art. 7, commi 8 e 9, D.Lgs. n. 77/95: "8. A ciascun servizio è correlato un reparto organizzativo, semplice o complesso, composto da persone e mezzi, cui è preposto un responsabile.

9. A ciascun servizio è affidato, col bilancio di previsione, un complesso di mezzi finanziari, specificati negli interventi assegnati, del quale risponde il responsabile del servizio.".

Le norme dispongono che la struttura organizzativa deve necessariamente trovare correlazione nel sistema di bilancio per permettere l'individuazione precisa delle responsabilità gestionali scindendo le funzioni politiche di indirizzo e di controllo dalle competenze gestionali attribuite ai funzionari responsabili dei servizi. I punti di contatto tra unità organizzativa e sistema di bilancio sono due:

1) se non è adottato il Piano esecutivo di gestione, la struttura organizzativa dell'ente deve necessariamente considerare la suddivisione in servizi del bilancio così come prevista dal D.P.R. 31 gennaio 1996, n. 194, ai sensi del succitato art. 7 del D.Lgs. n. 77/95 (situazione prevalente negli enti di minore dimensione);

2) se invece è stato adottato il Piano esecutivo di gestione, i servizi previsti dal D.P.R. n. 194/96 possono essere suddivisi in centri di costo ai sensi dell'art. 11 del D.Lgs. n. 77. In tal caso, il punto di incontro tra organizzazione e struttura di bilancio si sposta verso un livello di dettaglio maggiore e precisamente dai servizi ai centri di costo (situazione caratteristica degli enti con notevole complessità organizzativa).

 

 

10 Art. 7, comma 5, D.Lgs. n. 77/95: "La parte spesa è ordinata gradualmente in titoli, funzioni, servizi ed interventi, in relazione, rispettivamente, ai principali aggregati economici, alle funzioni degli enti, ai singoli uffici che gestiscono un complesso di attività ed alla natura economica dei fattori produttivi nell'ambito di ciascun servizio.".

 

 

11 La tecnica del full costing prevede che all'oggetto di analisi vengano sempre attribuiti sia i costi direttamente imputabili, sia le altre quote di costi generali che comunque si riferiscono all'oggetto stesso, in modo da ottenere il costo complessivo dell'oggetto di analisi. Tuttavia, seguire alla lettera la tecnica del full costing significherebbe, ad esempio, ribaltare completamente tutti i costi generali (funzione 1) in capo agli altri servizi, ciò che costituisce evidentemente una operazione difficile nell'ente locale e in ogni caso lontana dalle finalità del D.Lgs. n. 77/95.